La storia che ha cancellato la vita dello zio Aldo, 84 anni, va raccontata. Lui lo avrebbe fatto. A voce alta. Non per la rabbia, ma per la sordità che lo attanagliava da tempo. I sordi gridano. La sua salute non era certo più di ferro, ma questo non giustifica che in poco tempo si possa volar via così. Una storia comune a tanti altri cittadini costretti gioco forza a rivolgersi alla sanità pubblica e con essa scontrarsi. Gli ospedali della regione Lombardia, l’eccellenza, nella realtà a volte danno un servizio pessimo. Aldo Farina ha fatto ricorso al pronto soccorso dell’ospedale di Desio martedì sera 23 aprile. Il medico che lo ha visitato dopo le 21 ha ritenuto di rimandarlo a casa all’una del mattino successivo. Perché non c’era niente di grave dentro quel corpo visibilmente sofferente. La pratica è lì da vedere, con un numero ed una firma. I medici e gli infermieri del pronto soccorso di Desio sono oberati di lavoro, hanno troppa gente da vedere e curare. La cosa non va bene per niente. Il venerdì, dopo la festività del 25 aprile e il prefestivo del 24 (ma come è possibile che i medici facciano il prefestivo anche in occasione delle festività infrasettimanali?) lo zio Aldo è tornato al pronto soccorso. Dell’ospedale di Carate, stavolta. E’ stato ricoverato. Per un giorno ed una notte. Poi è morto. Alla faccia del referto medico del martedì precedente. Perché a Desio non aveva niente e a Carate è stato subito ricoverato, con l’avviso ai parenti che la situazione era drammatica, uno o due giorni di vita? E’ solo questione di professionalità? Che deve fare la gente di Desio? Evitare il pronto soccorso cittadino e andare a Carate?