Confisca per 3,4 milioni a un imprenditore brianzolo condannato per evasione fiscale

Il provvedimento è stato eseguito dalla Guardia di Finanza di Seveso dopo indagini su due imprese dell’ambito dell’informatica operanti tra Cesano Maderno e Milano. Confiscato un immobile a Meda.
Guardia di finanza
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Denaro, immobili e altre disponibilità finanziarie per un valore complessivo di 3,4 milioni di euro sono stati confiscati dalla Guardia di finanza della Compagnia di Seveso, su delega della Procura della Repubblica di Monza, a un imprenditore brianzolo condannato, in via definitiva per frode fiscale, ad 1 anno e 4 mesi di reclusione, all’interdizione temporanea dalla direzione di imprese, dai pubblici uffici e a contrattare con la pubblica amministrazione.

Il provvedimento è stato disposto con sentenza del Tribunale di Monza e confermato sia dalla Corte di Appello di Milano sia dalla Suprema Corte di Cassazione.

L’ordine di confisca – fanno sapere le Fiamme gialle – “scaturisce da un’attività ispettiva dell’Agenzia delle Entrate e successive indagini di polizia giudiziaria effettuate a carico di due imprese operanti tra Cesano Maderno e Milano, nel settore del commercio all’ingrosso di personal computer e software”. Confiscati due immobili a Meda e Margherita di Savoia, in Puglia, quote societarie, due autoveicoli e disponibilità di denaro rinvenute sui conti correnti.

Nel corso delle attività investigative, i militari hanno accertato che l’imprenditore si sarebbe reso responsabile di una frode fiscale – “attuata secondo il tipico schema del “carosello I.V.A.”” spiegano i finanzieri – per acquistare direttamente computer e prodotti informatici da un’impresa di uno Stato dell’Unione Europea, “interponendo fittiziamente una società “cartiera” italiana compiacente ed utilizzando fatture false per oltre 17 milioni di euro, con un danno all’Erario pari a 3,4 milioni di euro di iva evasa”.

Oltre a un indebito risparmio fiscale l’imprenditore avrebbe ottenuto anche: “il duplice vantaggio di scontare prezzi d’acquisto sensibilmente sottocosto e di rivendere i prodotti commercializzati, in distorsione del regime di libera concorrenza, con maggiore competitività rispetto alle imprese concorrenti”.