Alluvioni a Monza e Brianza: «Errori storici, ma si può rimediare»

Il Comitato per la difesa delle Bevere e del fiume Lambro denuncia la sbagliata gestione dei corsi d'acqua, inerzia e l'esorbitante consumo di suolo.
Gli allagamenti di Meda il 22 settembre 2025
Gli allagamenti di Meda il 22 settembre 2025

Corsi d’acqua esondati, quartieri allagati, black out, traffico in tilt. Disagi, ritardi, preoccupazione, impotenza. Scene e stati d’animo di ordinaria amministrazione che non si verificano più solo quando soffia bufera. Ormai per scatenare il caos bastano anche solo precipitazioni un poco più intense o prolungate rispetto a quello che può essere considerato il normale.

È successo (di nuovo) nella mattinata di lunedì 22 settembre con le esondazioni che hanno mandato sott’acqua la Brianza del Seveso, con lo stesso Seveso e i torrenti Tarò e Certesa ben oltre gli argini (mentre il livello del Lambro è rimasto entro la soglia di attenzione) ed era successo qualche settimana fa anche nella Brianza lecchese (e comasca), con le piene delle Bevere e del Rio Gambaione. Questione di cambiamento climatico in atto, sicuramente. Ma c’è dell’altro: “Facciamo un esame di coscienza: osserviamo come e quanto il nostro territorio sia stato impermeabilizzato, con torrenti tombinati, deviati, artificializzati e inquinati”. A prendere parola è il Comitato per la difesa delle Bevere e del fiume Lambro, che denuncia “la mancata manutenzione e la gestione sbagliata dei corsi d’acqua” e “l’inerzia delle istituzioni locali e regionali”.

Alluvioni a Monza e Brianza: i corsi d’acqua minori tombati

Nel corso degli anni «i corsi d’acqua minori sono stati coperti, incanalati o ridotti a condotte sotterranee, mentre il territorio ha subito un processo di impermeabilizzazione massiccia che ha sottratto spazio naturale all’assorbimento delle acque piovane. In mancanza di aree di laminazione o di adeguata manutenzione, le piogge intense trasformano i quartieri in bacini temporanei, con gravi danni»: lo sottolinea l’agronoma Anna Nicolodi, presidente del comitato.

«Fino a venti, trent’anni fa, non era così: ora, ogni volta che le previsioni danno pioggia, guardiamo al cielo con preoccupazione. Non è più accettabile – prosegue – che gli enti competenti si limitino a rincorrere l’emergenza senza affrontare le cause strutturali. È mancata la manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua e non si è mai voluto aprire un serio dibattito sulla necessità di riportare i torrenti alla luce e restituire al territorio la sua funzione naturale di drenaggio».

Alluvioni a Monza e Brianza: stop al consumo di suolo e proposte

Eppure delle soluzioni potrebbero essere messe in campo subito, a partire «dallo stop al consumo di suolo» fino a «una maggiore attenzione all’invarianza idraulica nei nuovi progetti urbanistici», aggiunge il geologo Francesco Nicolodi, membro del direttivo del comitato: «I nuovi Pgt – spiega – dovrebbero bloccare il più possibile le nuove edificazioni su aree verdi, da tutelare, e concentrarsi per quanto possibile sulla riqualificazione e sulla bonifica delle aree dismesse, pratiche che sappiamo essere costose e che, per questo, andrebbero incentivate».

È possibile anche prevedere, suggeriscono, la realizzazione di sistemi di drenaggio urbano sostenibile (come in un progetto di Cesano Maderno): ad esempio «aiuole e aree verdi progettate per assorbire l’acqua piovana, asfalti drenanti e altre strategie di questo tipo, in grado di ridurre il deflusso superficiale. Servono azioni concrete e immediatamente verificabili, perché ormai l’inerzia pubblica ha un costo altissimo tra danni economici, disagi sociali e perdita di sicurezza».