Era stato soprannominato “gigante buono” Gaetano Imbriano, il poliziotto morto nei giorni scorsi dopo una vita a combattere la criminalità, negli Anni di Piombo prima e contro la malavita organizzata poi, tra Milano, il Milanese e poi Monza e la Brianza.
Irpino di origine, Imbriano giunse al Nord negli anni Sessanta e nei Settanta fu insignito dell’Ambrogino d’Oro, a Milano, per la sua attività a tutela della giustizia. Nella Squadra mobile, poi nella Questura, Imbriano è stato sempre una delle menti acute delle indagini di quel tempo. “Aveva deciso di servire lo Stato per garantirsi un tozzo di pane mettendo a disposizione la sua intelligenza, la sua fine astuzia e tutto il suo cuore” ha scritto il giornalista Carlo Gaeta omaggiandolo in un post social.
Addio all’ispettore Imbriano, gli ultimi anni ad Albiate
Erano gli “Anni di Piombo, quelli dei gruppi eversivi, delle Brigate Rosse e Prima Linea. Nel fulcro delle indagini c’era sempre lui, dotato di grande intelligenza. Lavorava dietro le quinte, col suo fiuto” scrive ancora Gaeta, cher lo definisce “mitico” con il suo fisico da pugile ma elegante, “nominato ispettore capo con merito assoluto”. E riporta anche un ricordo che ne diede Francesco Colucci, poi diventato Prefetto: “La malandra non ci dava tregua. Il 28 ottobre ‘76, per un’intera giornata, il sottufficiale Gaetano Imbriano assediò, con soli due agenti, cinque banditi armati, che dopo aver fatto una rapina all’ospedale di Niguarda si erano rifugiati in una villetta di Palazzolo Milanese, acquistata da uno di loro”.
Trasferitosi ad Albiate, nel paese brianzolo ha trascorso il resto della sua vita. Nel pomeriggio di martedì 16 luglio l’ultimo saluto, alle 15 nella chiesa del paese.