Monza: Legambiente per il riciclo dei vestiti che diventa moda

L'associazione ha affidato a Csa Research un'indagine sull'acquisto e riuso dell'abbigliamento: ecco i dati fondamentali.
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Monza – Legambiente

Più della metà degli intervistati ha dichiarato di non sapere che in città sia in vigore l’obbligo di raccolta differenziata dei rifiuti tessili. Meglio: il 51,6% del campione sembra non avere le idee chiare sulla normativa, né essere a conoscenza del fatto che dal febbraio 2025 a Monza questo tipo di raccolta sia stata affidata a Humana People to People Italia.

Monza: Legambiente per il riciclo dei vestiti, la ricerca

È forse questo il dato più significativo che emerge da “Monza tra moda e rifiuti tessili”, indagine realizzata da Csa Research per conto di Legambiente Monza e che rappresenta una delle azioni di “Dress Green: Monza si ricicla con stile”, il progetto sostenuto anche da Fondazione della Comunità Mb (bando Youth Bank “L’arco ai giovani”) di cui è capofila Un ponte per – Comitato di Milano e Monza. I risultati della ricerca – che ha coinvolto un campione rappresentativo di cinquecento cittadini monzesi tra i 18 e i 75 anni, a cui si sono aggiunti i pareri, privi di valenza statistica, di 348 studenti degli istituti superiori Frisi, Hensemberger e Mosè, coinvolti durante attività di Pcto – sono stati presentati nella mattinata giovedì 6 novembre al Binario 7, nel corso di una conferenza stampa moderata dalla presidente di Legambiente Monza Anna da Re, a cui è prevista la partecipazione di Arianna Bettin e Viviana Guidetti, assessore rispettivamente alla Transizione ecologica e all’Igiene ambientale, di Rossella Ceccattini, direttore di Csa Research, e di Marco Grazioli, sociologo, presidente di The European House – Ambrosetti.

Monza: Legambiente per il riciclo dei vestiti, i dati fondamentali

«I risultati sono molto interessanti: acquistano più abbigliamento gli uomini che le donne, tutti hanno negli armadi molti capi che non mettono mai, la maggior parte dona i vestiti ancora in buono stato, ma che non usa più, a enti e realtà caritative. Pochi quelli che li rivendono», spiega Legambiente. In dettaglio: il 47,6% degli intervistati ha dichiarato di aver comprato tra i due e i dieci capi di abbigliamento negli ultimi tre mesi (cifra che sale al 63,5% per gli studenti delle scuole) e per il 54,1% si tratta di uomini.
Quasi tre intervistati su cinque (il 58,6%) effettua acquisti per lo più nei negozi dei grandi magazzini e delle catene di abbigliamento, per quanto il 51,4% abbia dichiarato di fare shopping anche online – abitudine, quest’ultima, tipica soprattutto dei più giovani, che sono risultati poi più interessati al prezzo e alla marca che alla qualità dei tessuti.

«La resistenza nei confronti dell’usato – prosegue Legambiente – è molto diffusa: la ritroviamo nell’80% delle risposte in tutte le fasce di età». Le pratiche di scambio e swap party sono generalmente poco conosciute, se non tra i più giovani. «L’impressione generale è che i rifiuti tessili non siano percepiti veramente come un rifiuto inquinante di cui ci si debba occupare. In realtà – concludono dall’associazione – insieme ai Raee, i tessili rappresentano al momento il problema più complicato e complesso da affrontare tra tutti quelli che riguardano la gestione dei rifiuti».