L’intelligenza di quel bambino era stata chiara a tutti, in famiglia: una famiglia povera, di oltre un secolo fa, quando nel milanese i genitori facevano il cavatore di pietre e l’operaia in una filanda. Giuseppe Gervasini, che era nato a Sant’Ambrogio Olona il primo marzo 1867, quattro fratelli più piccoli morti ancora bambini, era allora stato avviato agli studi, con grandi sacrifici. Sarebbe poi passato alla storia come il pret de Ratanà, per non è Sant’Ambrogio Olona che tutti ricordano ancora oggi, ma Ratanate, oggi frazione di Vignate, allora comune autonomo. Era il prete guaritore, che ha intrecciato la sua storia anche con Monza e la Brianza.
El pret de Ratanà, il sacerdote guaritore: il libro di Meravigli
A ricostruire la sua storia straordinaria è oggi l’editore Meravigli, che ha appena pubblicato “El pret de Ratanà” (192 pagine, 19 euro) a firma di Valentino De Carlo: il 22 novembre saranno passati 84 anni dalla sua morte, avvenuta a Milano nel 1941. Sepolto al cimitero monumentale milanese, ancora oggi la sua tomba è una delle più visitate, tanto che Gianni Santucci, sul Corriere della Sera – come ricorda l’editore – l’ha definita “la macchia più colorata dell’intero camposanto“.
Per saperne di più è in programma anche un incontro, proprio il 22 novembre a partire dalle 16.30 a Cascina Linterno, a Milano, vicino alla casa abitata negli ultimi di vita del sacerdote guaritore nella zona di Baggio.
El pret de Ratanà, il sacerdote guaritore e il mondo scomparso

“El pret de Ratanà ha chiaramente lasciato un segno tuttora ben vivo nella storia di Milano di un secolo fa e la fantasia popolare lo ha col tempo consegnato alla leggenda – scrive Meravigli -. Proprio per diradare i fumi della leggenda, Valentino De Carlo nel suo libro ha scelto di descrivere don Giuseppe Gervasini nel suo tempo storico, tra Otto e Novecento, e nel suo ambiente reale, tra personaggi conosciuti e spesso da lui frequentati. E la sua storia non si impoverisce per questo, ma ne guadagna“. Il libro è una documentata biografia corredata da un ricco apparato di immagini che “è anche e soprattutto il racconto di una Milano in gran parte scomparsa, che merita di essere riscoperta”. Arricchiscono il volume preziosi contributi di Angelo Gaccione, Roberto Marelli e Gianni Santucci. Valentino De Carlo (1934-2021), romano di nascita, si è formato a Milano negli anni Cinquanta come redattore agli spettacoli e critico cinematografico al quotidiano “La Notte”, cimentandosi presto con la scrittura, la traduzione e diventando poi anche editore.
El pret de Ratanà: studi a Monza, sacerdozio a Peregallo di Lesmo
Don Giuseppe Gervasini diventa sacerdote nel 1892 nel duomo di Milano e celebra la sua prima messa, come tradizione, nel paese natale, a Sant’Ambrogio Olona. Quando era ancora piccolo la famiglia si era trasferita nel quartiere dell’Isola, allora zona povera e popolare, lontana dai fasti degli ultimi anni. Gli studi partono da Varese, dove inizia il ginnasio prima ancora di pensare ai voti, poi proseguono nel collegio di Valdocco fondato da don Bosco e quindi torna in Lombardia per concludere il liceo al collegio dei barnabiti di Monza, l’attuale liceo Zucchi. Gli studi di seminario si concludono a Milano e poi viene ordinato sacerdote
Nel frattempo è successo qualcosa: durante il servizio militare a Caserta, tra il 1887 e il 1888, era stato addetto alla sanità e aveva iniziato a studiare malattie e rimedi, forse, si dice, scoprendo il carisma della guarigione. Più tardi, quel suo dono diventato leggenda popolare, non lo avrebbe aiutato: sospettato dalle autorità ecclesiastiche, inizia un lungo periodo di trasferimenti tra parrocchie che lo portano a Pogliano Milanese, a Cabiate, a San Vittore al Corpo di Milano e a Dergano, anche a Peregallo di Lesmo, poi nella sua Retanate.
Un prete scomodo, insomma, che usava erbe medicinali per fare decotti e unguenti per le cure: quando bastava all’epoca per diffondere la sua fama. Non sempre vista in modo positivo, dal momento che nel 1901 don Giuseppe incappa anche nella sospensione a divinis firmata dall’arcivescovo cardinal Ferrari, poi revocata. È morto nella casa di Baggio a 74 anni, dopo avere ricevuto la benedizione dall’arcivescovo Ildefonso Schuster. Da quel giorno, la sua fama, non si è mai spenta.