“Infinito”, imputati in carcereSi va verso il giudizio immediato

La camorra vista dagli scoutIl gruppo Seregno 1 racconta

Monza – Una mole impressionante di intercettazioni, pagine e pagine in calabrese stretto da tradurre. Un lavoro enorme. Hanno novanta giorni di tempo (termine comunque prorogabile) i periti che, ieri, hanno cominciato l’opera di trascrizione delle intercettazioni telefoniche effettuate dai carabinieri del Gruppo di Monza nell’ambito dell’operazione “Infinito”, il terremoto giudiziario che a luglio di quest’anno ha portato a trecento arresti in tutta Italia per associazione mafiosa di stampo ‘ndranghetistico. La metà dei quali in Lombardia, una cinquantina in tutta la Brianza, dove gli inquirenti hanno alzato il velo su quattro presunte “locali” di ‘ndrangheta (Desio, Seregno- Giussano, Solaro, Limbiate), ma non solo.
I politici – L’indagine ha svelato anche i nomi di uomini della politica e delle istituzioni, il direttore sanitario del carcere di Monza Francesco Bertè, il direttore dell’Asl Pietrogino Pezzano, l’ex assessore provinciale Rosario Perri. E ancora riferimenti a Massimo Ponzoni, desiano, uomo di punta del Pdl a livello regionale. Tutti personaggi solo apparsi nei dialoghi tra personaggi raggiunti dalla retata, o direttamente, o solamente citati, come nel caso di Ponzoni. E ancora imprese in odore di mafia infiltrate nei cantieri pubblici (la realizzazione della rotonda del Rondò dei Pini), sequestri di armi, più di quaranta riunioni di mafia intercettate in Lombardia, tentativi di “protezione mafiosa” a ristoranti della città, un altro ristoratore monzese taglieggiato, esponenti delle forze dell’ordine, come un ufficiale di polizia giudiziaria monzese, coinvolti.
Organizzazione piramidale – Tutto finito qui? Molti aspetti, sembrano ancora irrisolti. A cominciare, per esempio, dal coinvolgimento delle istituzioni (non solo in Brianza). Quello che è certo è che l’indagine, condotta in tre anni di paziente lavoro dei carabinieri di Monza, Desio, Seregno e del pm Salvatore Bellomo, ha ridefinito i tratti della mafia calabrese. Da “mafia liquida”, divisa in nuclei legati dal vincolo familiare, come era stata definita anni fa nella relazione della commissione parlamentare che studia i fenomeni di criminalità organizzata (dove era stata paragonata ad Al Qaeda), a «organizzazione unitaria e verticistica, molto simile alla struttura tipica dei siciliani di Cosa Nostra», come aveva detto il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso a luglio. Un’organizzazione definita dagli stessi affiliati “Provincia”, o “Crimine”, divisa in tre dipartimenti (Ionica, Tirrenica e Città) con un’entità intermedia tra le cellule locali, comprese naturalmente quelle brianzole e le “locali madri calabresi” detta «la Lombardia”. Un vertice degli esponenti locali facenti capo a “la Lombardia”, per esempio, era stato ripreso dai carabinieri alla fine del mese di ottobre dell’anno scorso in un centro di Paderno Dugnano intitolato alla memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Sullo sfondo un mondo fatto di “doti” e “cariche”, all’interno dei “locali”, composte da uno o più ‘ndrine. Ognuno irreggimentato nel suo ruolo. Il “contabile”, per esempio, addetto alle paghe e alla gestione della “bacinella”, la cassa comune, il “mastro generale” addetto a dirimere le questioni, gli afiliati veri e propri e quelli esterni. E poi droga, usura, armi, estorsioni. L’ala militare della ‘ndrangheta brianzola, insomma, con il sospetto del coinvolgimento politico rimasto solo sullo sfondo.
Indagati ancora in carcere – Tutti i circa 160 indagati della parte lombarda del blitz sono ancora in carcere, tranne pochi casi di persone rilasciate per motivi di salute. Respinti dunque i vari ricorsi presentati al tribunale del Riesame. Sul piano processuale, in attesa della consegna delle perizie relative alle intercettazioni, uno degli elementi fondamentali dell’indagine (condotta integralmente senza avvalersi delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia), la strategia dell’accusa (rappresentata dalla procura distrettuale antimafia di Milano) sembra essere quella di chiedere il giudizio immediato. Federico Berni