Monza – In folio o in quarto, in ottavo, sedicesimo, e poi una mano del XVI secolo che traccia le linee curve e controvento delle ”d” onciali su pergamena, oppure le pagine a caratteri italici imparati da Manuzio con qualche sola, e timida, concessione alle grazie severe di Gutenberg: dall’invenzione della stampa in poi il Carrobiolo ha iniziato ad accumulare testi e volumi che in cinque secoli hanno formato un patrimonio librario inestimabile e rappresentano, ancora prima, una parabola documentale della città di Monza. Ed è a lei, la città, che ora il convento dei barnabiti ha deciso di rendere una parte della sua vita, anzi la sua storia: sei secoli di libri, non meno di 22mila volumi e scaffali di incunaboli, cinquecentine, secentine che costituiranno entro giugno 2012 la biblioteca del Carrobiolo.
Il progetto – È un sogno già prossimo alla realtà quello cui i padri barnabiti hanno deciso di dare corpo: trasformare il loro fondo librario antico in un tesoro pubblico. Il terzo della città per dimensioni, forse il primo per valore biblioteconomico, non secondo a nessuno per interesse storico. «Non sarà una biblioteca pubblica» avverte il bibliotecario padre Davide Brasca, che da due anni segue il progetto, «ma la biblioteca dei frati aperta al pubblico: uno spazio che renderà disponibile quel patrimonio agli studiosi e agli studenti, agli appassionati e ai professionisti». Un fondo antico ancora da sondare compiutamente che contempla forse volumi unici, la stratificazione di oltre mezzo millennio di presenza barnabita a Monza: il convento è nato nel 1571 e da allora ha iniziato a mettere a disposizione dei frati i testi di patristica e teologici che nei secoli si sono allineati al carisma dell’ordine, fatto di vita contemplativa e di avanguardia di fronte alla Riforma. «Cioè quando l’ordine si è aperto, ha affrontato nuovi studi, le scienze, la letteratura, l’architettura, per l’urgenza di rispondere al nuovo, superando il confine della produzione strettamente religiosa», aggiunge padre Brasca, tutti ambiti fedelmente restituiti dai volumi che hanno abbracciato poi anche ‘ambito educativo – la didattica e l’insegnamento sono tra le fondamenta barnabite – inclusa l’attività del collegio di Santa Maria degli Angeli. Tra i più antichi un testo del 1472, all’alba della storia della stampa, ma il catalogo sarà enorme e arriverà diritto al XXI secolo con l’impegno a farne un repertorio vivo e in evoluzione.
Il convento – «Siamo stati a lungo indecisi, forse sarebbe stato più semplice trasferire la nostra biblioteca altrove – commenta padre Brasca – ma alla fine ci siamo trovati d’accordo nel ritenere che questo è un pezzo della storia della città, e di Monza fa parte. Chiesa e biblioteca sono le parti più intime di un convento, ne sono l’anima. E pensiamo debbano esserlo anche della città». I diciotto mesi del progetto esecutivo partiranno a gennaio e comprendono una vasta rivistazione degli spazi del convento. La sala studio e di consultazione, per un centinaio di persone e non oltre, occuperà l’attuale refettorio, mentre gli scaffali prenderanno spazio in due sale a fianco, recuperando un ingresso dedicato in vicolo Carrobiolo. La copertura del progetto è già ampia ma occorrono ancora circa 100mila euro. L’appello, diretto, è ai cittadini. «I monzesi dovrebbero dare una mano – dicono i barnabiti – si tratta di un pezzo della loro città».
Massimiliano Rossin