Shakespeare, un contemporaneoParola dell’attore Elio De Capitani

Shakespeare, un contemporaneoParola dell’attore Elio De Capitani

Monza – Elio De Capitani, attore e regista monzese, ancora sulla cresta dell’onda del successo. Una rivisitazione del “Racconto d’inverno”di Shakespeare che a Milano ha raccolto il consenso di pubblico e critica. Lo abbiamo intervistato.

Un capolavoro al pari delle opere maggiori di Shakespeare “Il racconto d’inverno”?

«Assolutamente sì – spiega il regista e attore Elio De Capitani, anima dell’Elfo, che vive a Monza assieme alla moglie, l’attrice Cristina Crippa-. Finalmente adesso ne abbiamo la consapevolezza». De Capitani dà una nuova lettura di quest’opera tarda del Bardo, che dirige con Ferdinando Bruni. Un successo, per l’intelligenza della messinscena, a Milano, al Teatro Elfo Puccini. Per il pubblico è stata una scoperta e ci voleva la creatività di De Capitani. «Nel nostro Paese il testo non è mai stato compreso nella sua struttura – sottolinea -. Il segreto di quest’opera è nella sua commistione di stili: il serio e il comico mischiati, la favola e la tragico, il buffo, il quasi farsesco, il lirico-sentimentale, il nobile e il popolare. E’ una tragicommedia. Prima era visto troppo come favola. Ma ora il teatro italiano, se lo vorrà, potrà allargare il repertorio shakespeariano».

Come avete lavorato?

«Abbiamo rifatto la traduzione e abbiamo lavorato alla drammaturgia. Non esiste più il mestiere del drammaturgo nei teatri italiani, cosa che io e Bruni facciamo da sempre. Abbiamo fatto una pulizia come si fa alle pietre grezze per dar loro luce».

E alla luce di che cosa lo avete riletto?

«Dello scontro principale al suo interno, quello tra maschile e femminile, connettendolo a quello subordinato dello scontro tra generazioni, leit-motiv della nostra stagione all’Elfo. Alla base del lavoro, due testi di Clara Mucci, psicoanalista e anglista: ‘Le ultime opere di Shakespeare’ e ‘Il teatro delle streghe. Il femminile come costruzione culturale”’. L’Età elisabettiana è il periodo caldo delle esecuzioni femminili per stregoneria. E il teatro porta in scena processi di stregoneria, o rappresenta le donne come bisbetiche, prostitute e streghe. Ma qui è sottile la strategia di Shakespeare, cosciente del pregiudizio totale contro le donne che c’era allora nella platea: smonta il pensiero diffuso della femmina malefica. E qui costruisce donne solide, lucide, coraggiose, sempre un dito sopra agli uomini. Paulina, Ermione e Perdita sono tre personaggi sconvolgenti. Paulina (Cristina Crippa), amica di Leonte (Ferdinando Bruni) diventa sua nemica: si scontra con lui con un coraggio che non hanno neanche gli uomini. Leonte le dice “Ti brucerò sul rogo”. E Paulina: “Fate pure./Eretico è colui che innalza il rogo/non chi viene bruciato./ Non vi chiamo despota, anche se quest’inumana maniera di trattare la regina/senza accuse che non siano le follie della vostra sgangherata fantasia/puzza di tirannia lontano un miglio”. Con che forza Shakespeare mette in bocca a una donna una terribile bestemmia per l’epoca! Mentre Ermione, moglie di Leonte, quando viene accusata, non perde un secondo della sua dignità: “Non mi vedete piangere come pensate di solito debbano fare le donne… . Smaschera la civiltà di oggi della lacrima facile, e della dichiarazione in tv. Facciamo questo testo per la straordinaria modernità. Il Bardo parlava già una lingua del Novecento».
Mariella Radaelli