Limbiate – È racchiuso tutto nelle parole «Ore’ Meme’ maranongara», letteralmente “siamo tutti parenti” in lingua pitaguary, il significato del progetto di ospitalità e scambio culturale promosso dall’associazione Amici di Rino, che porta a Limbiate nove adolescenti della tribù indigena di Pitaguary. Il gruppo, composto da 4 ragazzine e 5 ragazzi tra i 10 e i 15 anni, affiancato da due accompagnatrici e padre Rino Bonvini, missionario comboniano a Fortaleza, è arrivato il 20 gennaio e rimarrà in città per un mese. «Vorremmo che questa occasione di scambio e fratellanza- spiega la presidente degli Amici di Rino, Marinella Bogani- diventi un’esperienza che coinvolga tutta la comunità». I giovani sono stati accolti in famiglie, prevalentemente legate alla parrocchia di San Giorgio, e vivranno anche la normalità della vita quotidiana, frequentando durante la permanenza le tre scuole medie cittadine, a partire dalle Verga, per poi trascorrere il pomeriggio in oratorio.
«Quest’esperienza si inserisce- spiega Bogani- nell’attività dell’associazione, che dal 1995 sostiene l’attività di padre Rino in Brasile. Lo scorso anno, grazie ai fondi raccolti, è stata realizzata una struttura all’interno della riserva indigena e da lì è venuta l’idea di attivare l’ospitalità, anche grazie alla collaborazione con altre associazioni del territorio». L’esperienza di multiculturalità e scambio avrà ancora maggior peso grazie alla visita di un rappresentante Lakota Sioux, una delle tribù nativo americane. «Adam Little Elk ( letteralmente “Piccolo alce” ndg)- prosegue Bogani- è un amico fraterno di padre Rino e trascorrerà qui anche lui questo mese». «Sono certo che il contatto e la convivenza con i Pitaguary- sono le parole scritte da padre Rino in occasione della presentazione, lo scorso anno, del progetto di accoglienza e scambio culturale che si realizzerà tra pochi giorni – ci aiuteranno a riflettere sulla questione ecologica e sulla necessità di recuperare un rapporto di amicizia con la natura. La ‘mamma Terra’ come la cultura indigenza ci invita a chiamarla, ci sta chiedendo aiuto. È malata, ha la febbre, viene dissanguata da tante risorse che vengono usate per creare un gruppetto di privilegiati e lasciare la maggior parte dei suoi abitanti in condizioni di miseria e morte. La cultura indigena è oggi preziosa per ristabilire un equilibrio che si è perso per lo sfruttamento selvaggio delle risorse e per l’inquinamento ormai insostenibile».
Ileana Brioschi