Da Monza a Parigi per curare la cattedrale di Notre Dame dopo l’incendio

Da Monza a Parigi per curare la cattedrale di Notre Dame che ha rischiato di crollare per l’incendio del 15 aprile scorso. Carolina Radaelli è l’’ingegnere monzese nel team dello studio fiorentino Comes che si occupa della messa in sicurezza delle strutture in pietra.
Sesto Fiorentino Studio Comes, Carolina Radaelli e la terza in piedi da destra
Sesto Fiorentino Studio Comes, Carolina Radaelli e la terza in piedi da destra Fabrizio Radaelli

Ci sono stati tra i tanti ponte Vecchio e il palazzo della Mercanzia di Firenze, così come gli Archibusieri della galleria degli Uffizi, poi le mura medievali di Arezzo, palazzo Litta a Milano, il duomo di Mirandola in corso di recupero dopo i crolli del terremoto e la chiesa di Cavezzo vittima sua volta del sisma, salvata e inaugurata nel mese di giugno. Ma anche il centro storico di Mostar devastato dalla guerra nell’ex Jugoslavia, la loggia dei Lanzi, l’arco di Costantino, il Pantheon di Parigi. E non troppo lontano, l’ex Filanda di Sulbiate.

Lo studio Comes di Sesto Fiorentino si presenta come uno dei più autorevoli a livello internazionale nei progetti di restauro, nelle analisi strutturali, nelle analisi strutturali e negli interventi post terremoto. E non è un caso che è da quelle parti che Parigi abbia bussato per chiedere aiuto dopo il devastante incendio della cattedrale di Notre Dame, il 15 aprile scorso. Un rogo che, sarà appurato tre mesi più tardi, ha rischiato di far crollare l’edificio.

Lo studio associato fondato dall’architetto Carlo Blasi (ex docente accademico a Parma, Firenze e Bari, condotto con l’ingegnere Susanna Carfagni e l’architetto Francesca Blasi) è diventato consulente per una parte fondamentale della prima fase di salvataggio della chiesa patrimonio dell’Unesco e si sta occupando della messa in sicurezza delle strutture in pietra: con loro c’è anche la monzese Carolina Radaelli, ingegnere che dallo scorso settembre collabora con lo studio toscano e che nelle settimane successive all’incendio ha effettuato un sopralluogo per rendersi conto della situazione di uno dei simboli della capitale francese.

«Per ora il nostro ruolo è la messa in sicurezza delle strutture, non è detto che in futuro dovremo occuparci anche dei restauri», che si annunciano una partita complessa e i cui tempi non sono ancora stati ipotizzati dal governo francese, proprietario della cattedrale. La prima stima è di un miliardo di euro di intervento: in poche settimane le donazioni pubbliche e private avevano sfondato gli 850 milioni di euro, inclusi Walt Disney, Ubisoft (la casa di videogame che ha realizzato anche la serie Assassin’s Creed, ambientata anche a Parigi), L’Oréal, Bnp Paribas, Total, Michelin.

«Siamo in una fase in cui vanno predisposti i nuovi ponteggi per coprire l’intera navata dalla chiesa e coprire le volte danneggiate e le parti crollate nell’incendio di aprile: il nostro compito è capire se le murature siano in grado di sostenere i ponteggi, incluse le variabili determinate dal vento» aveva spiegato al Cittadino la monzese, 29 anni, che dopo il Frisi ha preso la doppia laurea in ingegneria e architettura a Bologna, ha studiato a Nantes e sta affrontando un master in miglioramento sismico e restauro e patrimonio monumentale a Ferrara, oltre a occuparsi anche dei restauri della cattedrale nera di Clermont-Ferrand.

Nelle sue mani e dello studio una serie di modelli di calcolo per definire le analisi statiche della struttura che risale al XII secolo e sistematicamente modificata nel corso delle epoche, fino agli interventi dell’architetto Viollet-Le-Duc dopo le devastazioni della Rivoluzione francese (e la campagna per il salvataggio promossa da Victor Hugo, l’autore di “Notre Dame de Paris”).

«Nel sopralluogo ho cercato di capire com’è stata fatta la costruzione, quali sono le sue particolarità, in modo tale per replicare un modello più verosimile possibile dei dettagli e determinare lo stato dei danno».

Non azzarda giudizi l’ingegnere monzese alla domanda sulla situazione – «è ancora in piedi» si limita a dire – ma confessa che a oltre due mesi dall’incendio la situazione rimane complessa: «Si tratta ancora di emergenza».