Coronavirus, è scontro sui numeri in Lombardia: il Gimbe ipotizza “dati falsati”, la Regione querela

È scontro sui numeri dell’emergenza coronavirus in Lombardia: la Fondazione Gimbe dice che «c’è il ragionevole sospetto di dati falsati», la Regione presenta querela.
sede della giunta della Regione lombardia (palazzo lombardia) a milano
sede della giunta della Regione lombardia (palazzo lombardia) a milano

È scontro sui numeri dell’emergenza coronavirus in Lombardia, tanto che la Regione si è già rivolta all’ufficio legale per presentare una querela. La miccia è stata accesa dalla Fondazione indipendente Gimbe e dal suo presidente Nino Cartabellotta che intervistato da Radio 24 ha esposto il dubbio che «effettuando meno tamponi diagnostici, si identificano meno casi e si adultera l’indice Rt. Nel decreto non si fa cenno al numero di tamponi diagnostici da realizzare nella Fase 2. A oggi le uniche due amministrazioni che stanno facendo un testing massiccio sono la Valle d’Aosta e la provincia di Trento con 4.200 tamponi per 100mila abitanti, le Regioni più colpite sono a 1.200 al giorno. Le enormi differenze si riflettono sui casi diagnosticati. Il concetto è che se il virus c’è bisogna cercarlo, altrimenti se non lo cerchi non è detto che non ci sia se non adotti le misure corrette per trovarlo».

E quindi, secondo l’intervistato, «c’è il ragionevole sospetto che le regioni stiano falsando i numeri per non dovere richiudere. La Lombardia è una di quelle, si sono verificate troppe stranezze nei dati in questi tre mesi: soggetti dimessi che venivano comunicati come guariti e quindi andavano ad alimentare il cosiddetto silos dei guariti, alternanza e ritardi nella comunicazione dei dati e nella trasmissione che poteva essere giustificata nella fase 2 dell’emergenza quando c’erano tantissimi casi ma meno ora in cui paradossalmente i riconteggi sono molto più frequenti in questa fase».

La Lombardia nell’ultima comunicazione ufficiale ha fatto registrare il 65% dei contagi a livello nazionale e la metà dei decessi. Non sarebbe pronta dal punto di vista epidemiologico alla riapertura di cui si parla per il 3 giugno insieme a Piemonte e Liguria.
“Le analisi post lockdown della fondazione Gimbe dimostrano che in queste tre Regioni si registra la percentuale più elevata di tamponi diagnostici positivi e il maggior incremento di nuovi casi”, si legge in una nota, diffusa dopo l’intervento del presidente del Gimbe Nino Cartabellotta a Radio 24.
La Fondazione Gimbe, per arrivare alle sue conclusioni, ha valutato tre elementi nel periodo 4-27 maggio: percentuale di tamponi diagnostici positivi, tamponi diagnostici per 100mila abitanti, incidenza di nuovi casi per 100mila abitanti. Lombardia, Piemonte, Liguria, Puglia ed Emilia-Romagna risultano superiori alla media nazionale per quanto riguarda la percentuale di tamponi diagnostici positivi, ma anche per l’incidenza di nuovi casi per 100.000 abitanti: rispetto alla media nazionale, la Lombardia ne ha 96, la Liguria 76 e il Piemonte 63.

«Gravissime, offensive e soprattutto non corrispondenti al vero». Così, in una nota, la Regione ha commentato le dichiarazioni del presidente della Fondazione Gimbe.
«In Lombardia – prosegue la nota – fin dall’inizio della pandemia i dati vengono pubblicati in maniera trasparente e inviati alle Istituzioni e alle autorità sanitarie preposte. Nessuno, a partire dall’Istituto Superiore di Sanità, ha mai messo in dubbio la qualità del nostro lavoro che, anzi, proprio l’ISS ha sempre validato ritenendolo idoneo per rappresentare la situazione della nostra regione. È dunque inaccettabile ascoltare simili affermazioni che ci auguriamo vengano rettificate da chi le pronunciate».

«Regione Lombardia, attraverso il proprio ufficio legale, ha deciso di presentare una querela contro la fondazione Gimbe e il suo presidente Nino Cartabellotta. Un atto inevitabile, il nostro, dopo quanto affermato dal presidente della fondazione che, parlando dei dati sanitari della Lombardia, ha dichiarato, fra l’altro, che ’si combinano anche dei magheggi sui numeri’. Accuse intollerabili e prive di ogni fondamento per le quali il presidente di Gimbe dovrà risponderne personalmente. I nostri dati, come da protocollo condiviso da tutte le Regioni, vengono trasmessi quotidianamente e con la massima trasparenza all’Istituto Superiore Sanità».