Andrea Costanzi, 47 anni, medico di chirurgia generale dell’ospedale di Desio, dal 10 al 16 settembre ha disputato sui sentieri della Val d’Aosta la “Tor des Geants”, la corsa di endurance più dura in Italia. È una delle cinque gare più impegnative al mondo (le 5 legends) e si svolge su un percorso di 330 chilometri, con 24mila metri di dislivello, passaggi a 3.300 metri di quota. Alla partenza da Courmayeur erano in 870 e in 461 l’hanno portata a termine. Costanzi si è classificato 281esimo, impiegando 142 ore. Al traguardo anche il monzese Danilo Casati (333).
Cosa l’ha spinta a partecipare a questa gara?
Da anni la mia passione per le montagne mi ha spinto nel mondo del trail e dell’ultra trail. Un nuovo modo di fare trekking a passo veloce, di giorno e di notte tra le cime più affascinanti, in questo caso i Geants erano i quattro giganti della Val d’Aosta: monte Bianco, Gran Paradiso, Cervino e Rosa. La domanda sulle motivazioni rimane.
E dopo una settimana di fatica che risposta si è dato all’arrivo?
La fatica fa parte del vivere quotidiano alla ricerca della bellezza. Si può proprio dire che la montagna sia maestra di vita. Mi hanno provocato le parole del parroco di Courmayeur che ci ha benedetto prima della partenza: “Avete la fortuna di vivere per una settimana in una cattedrale a cielo aperto. Non perdete l’occasione di lodare chi l’ha costruita!”. E così questa bellezza l’ho incontrata e vissuta. Ho visto albe e tramonti indimenticabili in posti dove non sarei mai passato.
Ha camminato di giorno e di notte. Si è mai trovato da solo?
Sono partito con un socio, Danilo Casati del Monza Marathon team, dopo due giorni ho proseguito da solo incontrando compagni di avventura da tutto il mondo in particolare un cinese e un australiano. Ma ognuno ha il suo passo e i suoi tempi di recupero nelle basi vita di fondovalle, dove c’è la possibilità di riposarsi e rifocillarsi adeguatamente. Negli ultimi due giorni ho trovato Luca, un giovane cuneese che mi ha chiesto di aiutarlo ad arrivare fino in fondo.
E com’è andata?
Da un incontro imprevisto è nata un’amicizia che ci ha fatto superare una nevicata e le ultime due notti indenni. Notti a 3mila metri, con discese di chilometri e chilometri. Impensabile affrontarle da soli. Siamo arrivati al traguardo insieme condividendo una grande gioia.
Dove si è preparato?
Sulle nostre montagne di casa:Cornizzolo, Corni di Canzo, Grigna, Grignetta, Resegone. Da solo o con i miei figli Giacomo e Michele e con gli amici. Ho messo insieme circa 60mila metri di salita, credevo non bastassero, invece ho fatto fatica solo in discesa per il logorio delle articolazioni.
Ha mai pensato di mollare?
No, anche se il terzo giorno ho avuto una crisi respiratoria grave per l’aria fredda notturna, non avevo con me i farmaci necessari e nel rifugio non mi hanno voluto somministrare ciò che chiedevo. Anche in questo caso un compagno di strada valdostano, Corrado, mi ha portato in cima e non mi ha abbandonato finchè non mi sono ristabilito.
Chi ringrazia per questo risultato?
Innanzitutto mia moglie Silvia e la mia famiglia che mi hanno sostenuto con entusiasmo sin dall’inizio. Giancarlo, marito di una paziente, che aveva già partecipato due volte, mi ha seguito giorno e notte affinchè non andassi né troppo forte né troppo piano. Ringrazio anche lo staff di Sport Specialist di Lissone che mi ha fornito parte del materiale obbligatorio per la gara consigliandomi con competenza assoluta. Infine ho creato un gruppo di un centinaio di amici su whatsapp, tra cui il mio primario Dario Maggioni, anche lui appassionato di montagna. Avevano la possibilità di seguire la mia posizione su una cartina grazie al GPS fornitomi dagli organizzatori. Si è scatenato un tifo continuo, mi seguivano e incoraggiavano passo passo. Non è stata l’impresa di un uomo solo, ma di un popolo che non ha mai abbandonato un amico che percorreva i sentieri impervi della vita portando tutti i suoi amici con sé, come in un pellegrinaggio.
Ha pianto all’arrivo?
Mi è venuto incontro mio figlio Luigi di 11 anni e insieme abbiamo percorso gli ultimi due chilometri. Lui era orgoglioso di me, io ero commosso nel rivedere i volti di famigliari e amici. Il giorno dopo ci siamo ritrovati a raccontare e festeggiare con tutto il gruppo di sostenitori. Un’amicizia che si è approfondita per tutti, un’esperienza indimenticabile.