«Voglio giustizia, non vendetta»L’intervista a Croce Castiglia

Croce Castiglia È la mamma di Matteo La Nasa, il ragazzo scomparso lo scorso 21 novembre dopo sedici mesi di coma vegetativo. Matteo era rimasto vittima incolpevole di un incidente nell'estate del 2010. Un'auto lo investì mentre era sedutoa un tavolino del bar. Ecco l'intervista
«Voglio giustizia, non vendetta»L’intervista a Croce Castiglia

Croce Castiglia È la mamma di Matteo La Nasa, il ragazzo scomparso lo scorso 21 novembre dopo sedici mesi di coma vegetativo. Matteo era rimasto vittima incolpevole di un incidente nell’estate del 2010. Il giovane era seduto ad un tavolino di un bar nel lecchese, quando un’automobile fuori controllo gli piombò addosso riducendolo in fin di vita.

Burago Molgora
– Da quando Matteo è morto nella famiglia La Nasa si è creato un vuoto. Un vuoto che ogni singolo componente porta dentro di sé. Le sorelle piangono un fratello scomparso, la nonna e le zie un nipote. La madre, Croce Castiglia, il figlio che non c’è più.

Come si vive in famiglia l’assenza di Matteo?

«Pensavo di aver già patito un immenso dolore, quando ho saputo che Matteo era stato investito e che probabilmente non si sarebbe più ripreso. Poi lui si è spento. E ho visto da vicino il baratro del dolore. La sua assenza in casa si percepisce: ogni mattina appena svegli lo salutavamo, prima di andare al lavoro ognuno di noi gli parlava e prima di coricarci gli davamo il bacio della buona notte. Nonostante la malattia, Matteo era con noi. Ora se n’è andato e queste cose non possiamo più farle».

Che Natale sarà quello di quest’anno?

«Ho paura a dirlo, ma non sarà un vero e proprio Natale perché non saremo tutti insieme. Quello dell’anno scorso è stato l’ultimo della nostra famiglia al completo. Lo abbiamo passato con Matteo nella mensa dell’ospedale di Lecco. Il luogo non era importante. Ciò che contava era essere tutti insieme».

Cosa la sostiene in questi giorni?
«Sicuramente la fede e la vicinanza delle persone. Molte persone: dalla parrocchia alla congregazione di Comunione e Liberazione, da monsignor Serafino Spreafico, il vescovo che ha cresimato Matteo, alle mamme che come me hanno perso i loro figli per mano di pirati della strada».
Nelle sue parole, accanto alla disperazione, si percepisce però un grande attivismo. «Lo devo a Matteo, che era una persona solare. In primavera sto organizzando una visita dal Papa insieme ad altre mamme che come me hanno subito la perdita dei figli sulle strade. A febbraio, insieme a monsignor Spreafico organizzeremo a Burago Molgora una serata sul tema del ‘Rispetto per la vita’. Nei prossimi mesi poi girerò le scuole superiori della Brianza per far capire ai ragazzi l’importanza della vita umana».

A venti giorni di distanza dall’ultima udienza in tribunale, cosa chiede alla giustizia italiana?
«Chiedo che mio figlio non venga ammazzato due volte. Chi ha sbagliato deve pagare, perché altrimenti lo Stato, nei fatti, legittimerà chi ha ucciso Matteo, facendo passare un messaggio sbagliato alle giovani generazioni. La pena deve essere esempio per tutti. In particolare per coloro che si sentono in diritto di poter fare quello che vogliono sulle nostre strade».

Per fare chiarezza sulla morte di Matteo è all’opera la magistratura. Può però darci la sua versione dei fatti accaduti quel 21 novembre?

«Nuovi riscontri si avranno in aprile, quando saranno resi noti i risultati dell’autopsia. Posso però raccontare cosa è successo nei giorni e nelle ore immediatamente precedenti la morte di Matteo. Eravamo da qualche giorno a Lecco, in un centro di riabilitazione fisioterapica. Matteo presto avrebbe partecipato ad un programma di rieducazione motoria molto sofisticato. Prima però di avviare i trattamenti era necessario un check-up sanitario. Check-up che superò completamente. Nella giornata di domenica però il corpo di Matteo ebbe un tracollo inaspettato. Subito fu portato al pronto soccorso di Lecco e aiutato dai medici. Nella notte sembrava aver superato il momento critico, tanto che gli operatori sanitari mi chiesero di andare a casa. Quando tornammo in ospedale il giorno dopo, verso le 13, mi dissero che Matteo era morto a causa di un’ischemia al cuore». Per la cronaca: la procura ha aperto un’inchiesta, dodici gli indagati.
Lorenzo Merignati