Virginio Barni, meritata pensioneSovico, addio all’ultimo sacrista

Trentadue anni dedicati alla Chiesa con grande spirito di umiltà, passione e amore per il prossimo. Virginio Barni, detto Gino, nato a Sovico il 13 febbraio 1922, lascia le "chiavi" della Chiesa parrocchiale come sacrestano e va in pensione.
Virginio Barni, meritata pensioneSovico, addio all’ultimo sacrista

Sovico – Trentadue anni dedicati alla Chiesa con grande spirito di umiltà, passione e amore profuso verso il prossimo. Virginio Barni, detto Gino, nato a Sovico il 13 febbraio 1922, lascia le “chiavi” della Chiesa parrocchiale di Sovico come storico sacrestano. Ora inizia per lui un nuovo percorso con il meritato riposo, dopo una vita di duro lavoro, sacrifici, ma anche tante soddisfazioni. Gino ci ha accolto nella sua casa di via De Gasperi, dove vive con la moglie Ortensia, donna energica con l’emozione viva negli occhi, mentre il suo grande amore racconta con chiarezza tutta la sua vita.

All’ età di soli 8 anni, Gino, che viveva con la sua famiglia in via Giovanni da Sovico, ebbe il suo primo approccio con la Chiesa cominciando a fare il chierichetto. La famiglia Barni era numerosa e Gino era il maggiore di cinque fratelli. Come tale, non poteva permettersi di studiare e così, iniziò presto a lavorare come operaio alla ditta Cugini Villa. “Erano gli anni del fascio- racconta Gino con il sorriso stampato sulle labbra- e per lavorare bisognava avere la tessera del partito, ma noi non potevamo comprarla. Così mio padre riuscì a parlare con il podestà dell’epoca e io ottenni il nulla osta. Poi scoppiò la Guerra e fui costretto a lasciare il lavoro”.

Gino ricorda perfettamente gli anni della Grecia, poi l’Albania fino al viaggio sui vagoni merci che lo portarono come prigioniero in Germania. “Ho vissuto anni di sofferenza, fame e bombardamenti, ma sono rimasto vivo. Lavoravo nelle fabbriche, poi un giorno un tedesco mi sentì cantare. Pensavo che sarebbe finita male, e invece mi chiesero di cantare delle canzoni in italiano per loro. Poi nel 1945 sono tornato a casa”. Gino iniziò lavorare per la Beta utensili di Sovico. Da qui anche la sua nuova vita come sacrestano. “Cantavo alle messe, poi un giorno don Carlo Gussoni mi disse che aveva bisogno di un sacrestano. Io accettai subito: era l’Epifania del 1980. Così cambiai lavoro: da operaio a sacrestano. Ormai avevo maturato la pensione”.

La vita da sacrestano era tutt’ altro che semplice: sveglia anche alle 4 del mattino, preparazione della messa, il canto delle lodi e le letture, l’apertura e chiusura della Chiesa, le cerimonie e molto ancora. Tanti i preti e coadiutori conosciuti da Gino, da don Elio Prada a don Adriano Colombini, fino a don Eugenio Boriotti. Un uomo di altri tempi, innamorato della sua dolce compagna di vita Ortensia, sposata nel maggio del 1946 e insieme da 63 anni. “Ho vissuto tanti momenti belli nella Parrocchiale: l’ho vista rinnovarsi e diventare come oggi la vediamo. Purtroppo ci sono stati anche momenti brutti, funerali di giovani vite spezzate, ma la fede e la Chiesa mi hanno sempre dato una grande forza”. Ora è pronto a proseguire la sua vita insieme con Ortensia, trascorrendo le giornate sicuramente con meno frenesia, ma con la stessa voglia di sorridere. Sempre.
Erica Sironi