Vimercate e i deportati dai nazistiMedaglia d’onore dalla prefettura

Vimercate e i deportati dai nazistiMedaglia d’onore dalla prefettura

Vimercate – Appena ventenni. La chiamata di leva, a supportare lo sforzo bellico dell’Italia mussoliniana alleata della Germania. Dopo l’armistizio del settembre 1943, l’esercito allo sbando, il rifiuto della Repubblica di Salò e di collaborare con i tedeschi, e la deportazione nei campi di lavoro in Germania. Martedì 7 settembre, tre vimercatesi, Mario Liva, Mario Beretta e Clemente Spreafico, saranno in Prefettura a Milano per ricevere la Medaglia d’Onore riservata, in base a una recente legge, ai cittadini italiani, militari e civili, deportati e internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto.

“Sono stati giorni lunghi e tremendi, durante i quali si è patita la fame e rischiata la vita. Oggi finalmente si perviene a un giusto riconoscimento per loro e per tutti coloro che ci hanno lasciato in Germania o per ragioni di età”, ha ricordato Natale Sala, presidente dell’associazione Reduci e Combattenti giovedì mattina in municipio, nel corso dell’incontro con il sindaco Paolo Brambilla e l’assessore alla cultura Roberto Rampi. “Queste medaglie rappresentano una festa a metà –ha detto Rampi- perché i fatti ai quali si riferiscono costituiscono una grande tragedia personale e collettiva, oggi però riconosciuta e consegnata alla memoria perché tutto ciò non si ripeta”. Dense le parole dei tre vimercatesi che, in poche manciate di minuti, ricostruiscono i fatti di quasi settant’anni fa.

“Mi chiamarono alla leva nell’agosto del 1943, a Udine, una buona destinazione per me che sono friulano di origine e che allora lavoravo a Milano –racconta Liva- Dopo un mese, ci fecero indossare le divise ed eseguire una parata. Poi, aprirono i cancelli: arrivò una camionetta con i tedeschi che ci intimarono di gettare le armi. Era il 13 settembre 1943”. La destinazione fu uno stabilimento per la riparazione del materiale ferroviario, presso Könisberg, nella Prussia orientale. Dodici ore di lavoro continuate, giorno e notte. Il freddo che scendeva a venti gradi sotto zero. I bombardamenti ricorrenti. Nel febbraio 1945 la liberazione, a opera dei russi. Il ritorno a casa a settembre. Fatica, freddo, poco cibo, bombardamenti, anche per gli altri due deportati.

Beretta si occupava dell’installazione delle reti telefoniche, “giravo tutta l’Italia. Nel settembre 1943 mi trovavo a Livorno. Dopo l’armistizio cercammo di scappare attraverso la campagna. Ci cambiammo d’abito presso alcuni privati. Catturarono me e alcuni miei compagni a Reggio Emilia, mentre cercavamo di prendere un treno per avvicinarci a casa”. Poi l’arrivo a Meppen, il lavoro duro in una fabbrica metallurgica, la paura dei bombardamenti, e il ritorno a casa nel giugno del ’45. Spreafico trascorse quasi due anni a Berlino, alla Bmw, reparto manutenzione.
Anna Prada