Usmate, la Latbri torna a produrreMa deve ritirare la vecchia merce

Usmate, la Latbri torna a produrreMa deve ritirare la vecchia merce

Usmate Velate – Una giornata di corsa per trovare il latte e poi, da oggi, la produzione che è tornata a girare sotto i capannoni della Latbri: la storica azienda casearia brianzola e i suoi dipendenti possono tornare a lavorare. È stata la decisione degli ispettori dell’Asl di Monza giovedì, ultima giornata ad alta tensione vissuta dalla proprietà e dalle quattrocento persone impiegate a Usmate dopo la sospensione della licenza di una settimana prima. Le ultime analisi hanno dimostrato il rispetto dei parametri e della normativa che avevano causato lo stop cautelativo da parte dell’autorità sanitaria, con un solo vincolo, anche duro: ritirare dal mercato i prodotti ancora in commercio realizzati prima dell’11 agosto, giorno della chiusura dei pozzi incriminati dall’Asl.

Un vincolo eseguito ma mal digerito alla Latbri, che in un comunicato ha sottolineato di ritenersi «fortemente penalizzata dal provvedimento di ritiro dei prodotti finiti che, infatti, dalle analisi effettuate non presentano difformità né rischi per la salute del consumatore. Questo perché l’azienda ha sempre operato nel pieno rispetto delle normative igienico sanitarie, come dimostra tutta la documentazione analitica presente in azienda e consegnata alle autorità di controllo». E sul rispetto delle leggi e sulla sicurezza dei prodotti che escono dai cancelli della società il presidente Luigi Cogliati insiste: «Le verifiche svolte dall’Asl di Monza hanno dimostrato il pieno rispetto delle normative vigenti e quindi – diceva giovedì – nel pomeriggio di oggi è ripresa la piena funzionalità dello stabilimento Lat Bri. Il provvedimento sospensivo, avvenuto il 19 agosto, era motivato da infrazioni prevalentemente di carattere amministrativo e organizzativo, non da difetti igienico-sanitari nei prodotti. Il principale rilievo amministrativo ha riguardato la presenza in stabilimento anche di due fonti idriche (pozzi) che, ancorché potabili, non avevano ricevuto il certificato di potabilità; fonti idriche che l’azienda non aveva in uso sin dalla metà di aprile. Infatti l’acqua utilizzata per le produzioni Lat Bri è prelevata dal pubblico acquedotto, pertanto non vi è alcun dubbio sulla sua potabilità».

Restituita la licenza Ue resta ora da verificare la tenuta dell’importante fetta di mercato che Latbri si è conquistata negli anni e il rientro dei lavoratori. Giovedì sera, dopo i primi riscontri, la rsu interna era cautamente ottimista: «Al 90 percento i 270 dipendenti dell’azienda dovrebbero rientrare immediatamente al lavoro – segnalava la rappresentante sindacale Florinda Nettis al termine di una febbrile giornata di incontri – Resta qualche incognita per i lavoratori della cooperativa (più di un centinaio, ndr) ma nel peggiore dei casi si fare richiesta per la cassa integrazione in deroga». Almeno finché le analisi degli ordini da parte dei clienti non garantiranno un equilibrio che oggi viene studiato a vista, in attesa di constatare come risponderà il mercato dopo lo stop.

«Lunedì potremo avere una visione più chiara», conclude Nettis, che si associa con la direzione nell’incomprensione dell’obbligo di ritiro dei prodotti dagli scaffali dei supermercati. L’apice della protesta dei lavoratori era scattato mercoledì mattina, con n presidio teso di centinaia di loro davanti ai cancelli della direzione generale dell’Asl, a Monza. «La ripresa delle attività produttive e le evidenze emerse dai controlli – sono state le ultime orgogliose parole del fondatore di Latbri, Luigi Cogliati, nel tardo pomeriggio di giovedì – sono l’ulteriore conferma della piena adempienza di Lat Bri a tutte le normative poste a tutela della salute del consumatore, valore che ha sempre guidato l’attività dell’azienda e che le ha consentito di diventare partner delle principali catene della grande distribuzione e dei principali operatori del mondo della ristorazione, sia in Italia che all’estero». Massimiliano Rossin