Un infarto su tre causato da un eccesso di acido urico

Una componente del sangue poco nota, ma che se non tenuta sotto controllo può diventare letale. Si tratta dell’acido urico, corresponsabile di circa il 40 per cento di tutti gli infarti che si registrano ogni anno in Italia.
Un infarto su tre causato da un eccesso di acido urico

Una componente del sangue poco nota, ma che se non tenuta sotto controllo può diventare letale. Si tratta dell’acido urico. Per gli esperti, quando è in eccesso (iperuricemia) è corresponsabile di circa il 40 per cento di tutti gli infarti che si registrano ogni anno in Italia.

Il progetto “Medico amico” del Sindacato nazionale autonomo medici italiani (Snami) ha messo recentemente sotto i riflettori l’importanza della prevenzione: l’obiettivo è far sì che la gente inizi almeno a sentir parlare di acido urico e decida di misurarlo, visto che il test sul sangue è semplice (basta una goccia di sangue) ed economico (il costo si aggira sui 6 euro e si può eseguire anche in alcune farmacie) e che le stime parlano di almeno 13 milioni di italiani con l’uricemia troppo alta.

Gli studi scientifici hanno,verificato che l’iperuricemia aumenta fino al 26 per cento il rischio di mortalità per cause cardiovascolari e del 22 per cento l’eventualità di un ictus, triplica il pericolo di diabete e ha effetti negativi sia sulla pressione arteriosa che sulla funzionalità dei reni. Non è un caso, perciò, che i malati di gotta, che hanno un’iperuricemia assai elevata, abbiano una probabilità parecchio più alta del normale di andare incontro a infarti e diabete.

“Purtroppo l’acido urico finora poco considerato, è noto solo a chi soffre di gotta e come causa principale di questa malattia – commenta Angelo Testa, presidente Snami – sebbene le stime parlino di circa 13 milioni di italiani con l’uricemia ‘sballata’, la maggior parte non lo sa perché pochi la controllano, pochissimi di routine”.

“I meccanismi del danno da acido urico sono molteplici e complessi – ha aggiunto Claudio Borghi, del Dipartimento di Medicina interna, dell’invecchiamento e malattie nefrologiche dell’Università di Bologna – i cristalli di urato che si depositano sulla parete dei vasi aumentano la possibilità di formazione della “placca” aterosclerotica, a cui contribuiscono anche i processi di sintesi dell’acido urico portando alla formazione di una grossa quantità di sostanze ossidanti che alterano l’endotelio della parete dei vasi rendendoli più suscettibili alla comparsa di aterosclerosi”.

«La soglia attuale è fissata in 6 milligrammi per decilitro di sangue: oltre i 6,5 sappiamo che gli urati possono iniziare precipitare dando avvio alla gotta – spiega Borghi -. Sembra però che per il rischio cardiovascolare il valore limite debba essere un po’ abbassato, attorno a 5,5 mg/dl: già a questi livelli, infatti, la probabilità di aterosclerosi cresce, soprattutto nei pazienti che hanno altri fattori di rischio come ipertensione, colesterolo alto o iperglicemia».