Un anno di presidio alla YamahaGli operai: continueremo a lottare

«Abbiamo accettato qualsiasi tipo di flessibilità. Il risultato? Ora siamo senza un lavoro». Angelo Caprotti, rsu di Yamaha, commenta la situazione degli operai dello stabilimento lesmese che hanno perso il lavoro e da un anno sono in presidio permanente davanti ai cancelli dell'azienda.
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Gerno di Lesmo – Un compleanno amaro quello che si è celebrato in settimana a Lesmo. Un anno di presidio permanente davanti alla Yamaha di Gerno non è servito a nulla. «Abbiamo fatto tanto per venire incontro all’azienda, abbiamo accettato la flessibilità, la mobilità, la cassintegrazione – spiega il delegato rsu Angelo Caprotti -. Ma tutto questo non è servito a niente. Siamo a questo punto, senza lavoro. L’azienda ha deciso di chiudere e ci hanno messo in mezzo a una strada. La nostra certezza resta quella di aver lottato per i nostri diritti e a prescindere da come si concluderà questa vicenda non avremo rimorsi. Sappiamo di aver lottato per un nostro diritto».

Il presidio davanti allo stabilimento della casa dei tre diapason va avanti dal 13 dicembre dell’anno scorso ma la storia di Yamaha ha radici più profonde. Il tutto ha avuto inizio nel 2009, all’indomani dell’ultimo trionfo di Valentino Rossi in Motogp con la moto della casa giapponese. Sessantasei dipendenti dello stabilimento lesmese ricevono una lettera che li avvisa del licenziamento a partire dall’anno nuovo, con una liquidazione per una ristrutturazione dell’azienda. I sindacati e i lavoratori non ci stanno e dopo una serie di incontri tra le parti, andati a vuoto, quattro operai decidono di salire sul tetto della fabbrica dove passano diversi giorni in una tenda per protestare e chiedere la cassa integrazione straordinaria.

L’azienda alla fine accetta la richiesta e a gennaio del 2010 i sindacati, i delegati rsu e Yamaha motor Italia sottoscrivono al ministero del Lavoro un accordo che prevede un anno di cassintegrazione per i 19 dipendenti del commercio e due anni per i 47 della produzione. Solo undici mesi dopo i cassaintegrati che avevano smantellato il presidio tornano fuori dai cancelli di via Tinelli. Uno dei motivi scatenanti di questa nuova protesta è l’accantonamento di oltre sette milioni di euro messo a bilancio nel 2009 dalla Yamaha a scopo prudenziale per affrontare la ristrutturazione del personale fatta in quell’anno.

I cassaintegrati vogliono risposte e il presidio ritorna permanentemente da metà dicembre dello scorso anno e prosegue a tutt’oggi. A luglio il prefetto di Monza Renato Saccone ha proposto un lodo che prevedeva un “incentivo assunzione” concesso da Yamaha destinato alle imprese che assumono i lavoratori attualmente in cassa integrazione straordinaria e in mobilità sino a tutto il 31 marzo 2012 nella misura di quattromila euro per ogni assunzione a tempo determinato con durata di almeno dodici mesi e di novemila euro per assunzioni a tempo indeterminato o anche per le trasformazioni di rapporti di lavoro.

La proposta però non è stata firmata dal 90% degli attuali cassaintegrati che sono 25. «Questo è il terzo Natale che passiamo qui – ha proseguito Caprotti -. Tra 20 giorni scadrà la cassa e ci ritroveremo senza niente». Negli ultimi giorni gli stessi cassaintegrati hanno scritto una lettera a tutte le parti coinvolte nella trattativa per avere un incontro urgente con l’azienda per chiedere la deroga di un anno della cassa.
Michele Boni