Carnate – A colpo d’occhio, un edificio abbandonato e in rovina, come tanti altri. Attorno però c’è tutta la preoccupazione, e la rabbia, di chi vive, lavora, passa in un angolo di Carnate stretto contro i binari, dove si arriva dopo aver percorso per intero la via Banfi. È qui che sorge, o meglio, si sta lentamente sbriciolando, una vecchia autofficina. Il tetto è fatto di lastre di eternit. Il tempo e le intemperie le hanno logorate.
È il caso dunque di fare qualche passo verso la struttura, per capire rabbia e preoccupazione, di alzare gli occhi per vedere da vicino i buchi nella copertura e quasi infilare la testa nelle finestre che da tempo anno perso i vetri, per vedere cosa custodisce. Percorrendo tutto il perimetro, si incontrano un carrello della spesa rovesciato, un motorino dimenticato, il cofano di un’auto. In alcuni punti il muro è sfondato: dentro, tutto è ricoperto di escrementi, e altre lastre si staccano dal tetto. Giovedì mattina un gruppo di cittadini, tra abitanti e commercianti (ad appoggiare la battaglia anche la Lega Nord), si è dato appuntamento davanti a questo campionario di attentati all’igiene pubblica e alla salute.
«L’amianto uccide quando va in briciole». È così che esordiscono i carnatesi della zona a nord dei binari; hanno montato un gazebo e appeso cartelli che domandano: «A quando il lieto evento?» Si riferiscono alla sistemazione di questo vecchio edificio, attesa ormai da anni. Tra loro c’è anche Vittorio Convertino: con il fratello Carlo ha lavorato in questa officina dal 1972 al 2004. Oggi combatte e convive con due tumori; l’altro Convertino con quattro. «Già all’epoca – dice Vittorio, che è il maggiore e ha 75 anni – questi lastroni si sgretolavano. Abbiamo chiesto tante volte di intervenire, ma non è mai stato fatto niente».
Nel 2009 – dopo la segnalazione dei carnatesi di qualche mese prima – l’Asl ha effettuato un sopralluogo. «Hanno evidenziato la pericolosità di questo immobile – raccontano i cittadini, che indossano una mascherina bianca – ma nessuno è intervenuto e loro non si sono più fatti vivi». Le autorità sanitarie avevano imposto un termine di novanta giorni entro il quale far partire i lavori. «È un pericolo non solo per noi, ma per tutti quelli che passano di qua ogni giorno. Ci sono già tre persone che sia un caso o no, hanno gravi patologie. Noi abbiamo paura. Senza contare che all’interno ci sono piccioni morti e topi che corrono avanti e indietro dalla strada ogni momento».
Il 28 marzo il sindaco ha firmato un’ordinanza urgente, che impone ai proprietari di far qualcosa entro quindici giorni. Sembrava che l¿edificio dovesse essere espropriato all’interno del piano di riqualificazione dell¿intero quartiere stazione, ma la questione è bloccata.
Letizia Rossi