Monza – Ha solo 17 anni Ilaria (il nome è di fantasia), quando scopre di essere incinta. È lei una delle dodici ragazze minorenni che hanno partorito l’anno scorso al San Gerardo. Ilaria ha accettato di raccontare la sua storia in forma anonima. Ci sentiamo al telefono, l’appuntamento per l’intervista è alle otto di sera, quando il piccolo Alessandro, di soli sei mesi, dorme. La voce è squillante e se possibile ancora più giovane della sua età, i pensieri invece sono profondi, di chi è cresciuto in fretta e ora ha poco a che spartire con i coetanei.
«Quando ho scoperto di aspettare un bambino -racconta- è stato uno choc. Il mio ragazzo non l’ha presa bene, potevo contare solo su mia mamma. Confesso che ho pensato di non tenerlo questo bambino, è terribile dirlo ora, ma non lo sentivo dentro di me. Non lo volevo». A farle cambiare idea sono state le parole della mamma e l’incontro con un’ostetrica del San Gerardo. «Su mia mamma ho sempre potuto contare, è l’unica che mi ha sempre sostenuta fino in fondo. L’ostetrica che ho incontrato è stata la migliore. Non mi ha giudicato, ha voluto incontrare anche il mio ragazzo, mi avrebbe aiutato lo stesso, anche se avessi deciso di non tenere il mio bambino». In quel momento Ilaria, dopo tre anni di liceo classico a Monza, stava frequentando il secondo anno della scuola per estetiste a Monza.
«La mia esperienza scolastica è un po’ particolare -scherzae quando sono rimasta incinta ho perso più di un mese di corsi, perché stavo male, anche fisicamente ». Anche a scuola ha trovato chi le è stato accanto: «Dovevo fare uno stage, ma la preside mi ha permesso di restare a scuola e recuperare le lezioni perse. Così alla fine sono stata promossa a giugno e dovrei fare ancora un anno per prendere l’attestato». Adesso però nella vita di Ilaria non c’è più il sogno di diventare estetista. «Sono mamma al cento percento, voglio essere io a crescere il mio bambino. Con il mio ragazzo abbiamo un progetto di vita insieme. Lui ha lasciato la scuola e sta cercando un lavoro, ma viviamo ancora con i nostri genitori».
Da due mesi Ilaria sta pensando al suo futuro anche lavorativo: con l’associazione “La famiglia” sta seguendo, due volte alla settimana, un corso a Milano di sartoria e creatività al femminile. È pensato per giovani madri disoccupate o che hanno perso il lavoro. «Un domani potrò lavorare da casa e riuscirò ad avere un’indipendenza economica, senza rinunciare a stare con Alessandro». I ricordi vanno ai mesi di attesa, alle visite e ai controlli fatti in ospedale dopo le lezioni a scuola. Poi, a quarantuno settimane e mezzo, il parto indotto. «Ventiquattro ore di travaglio e un dolore che non so descrivere». Accanto a lei la mamma e il suo ragazzo. «Quando è nato Alessandro stavo per svenire dal dolore, ero ko, eppure felice per quel piccolo che si è attaccato subito al mio seno». Se non fossero bastati nove mesi di attesa è stato quello l’attimo in cui Ilaria ha capito che la sua vita era stata “ribaltata” per sempre.
«Sono consapevole -dice- di aver lasciato l’adolescenza per entrare nell’età adulta, ma sono felice di quello che ho avuto». Adesso che ha anche ripreso ad uscire con gli amici, il sabato sera, il suo pensiero va al piccolo Alessandro che l’aspetta a casa nella sua culla. «È strano, ma quando guardo i miei coetanei che non sanno ancora cosa fare della loro vita, capisco che la mia ha già preso una strada ben precisa, penso al mio bambino e non vedo l’ora di tornare da lui». Per questo c’è un messaggio che Ilaria vorrebbe dare alle ragazze che si trovano a vivere la sua stessa esperienza: «Non abbiate paura, ma fiducia e tenete duro perché il vostro bambino porterà gioia nella vostra vita».
Rosella Redaelli