Giuseppe Barzaghi, teologo :”E’ attento al particolare”

Giuseppe Barzaghi, teologo :”E’ attento al particolare”

Monza – Ecco un’altra testimonianza raccolta da Sergio Mandelli, questa estate, al Meeting di Rimini, nello stand dedicato ad Eugenio Corti. Chi parla è Giuseppe Barzaghi, monzese, frate domenicano, che insegna teologia fondamentale e dogmatica presso la Facoltà Teologica dell´Emilia Romagna e filosofia teoretica presso lo Studio Filosofico Domenicano di Bologna. E’ socio della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino, direttore della rivista «Divus Thomas». Ogni domenica con la messa delle 22 riempie la basilica di San Domenico di Bologna fino al portone. Un migliaio di persone, per lo più ragazzi e adolescenti, ma anche semplici curiosi, vengono ad ascoltare le sue omelie che sono vere lezioni. Con parole semplici ma rigorose, con uno stile quasi teatrale, smonta e rimonta il Logos del Vangelo, mostrando le «meccaniche» della fede e seduce fino al cuore.

L’intervento
Anzitutto devo dire che io mi occupo di dialettica. La dialettica è una disciplina molto bella perché si occupa del “tutto” e della “parte”. Ma senza privilegiare uno rispetto all’altra, quanto piuttosto per vedere come l’uno stia nell’altra e viceversa. Negli scritti di Eugenio Corti la mia attenzione si è concentrata proprio su questo particolare rapporto tra il “tutto” e la “parte”. Mi sono fatto questa idea: si potrebbe dire che l’attenzione al tutto come se fosse una parte in colui che costruisce il “telaio” di un romanzo è un’attenzione paziente. Perché per curare il tutto come se fosse una parte ci vuole una pazienza grandissima. Altro invece è prestare attenzione alla “parte” come se fosse il “tutto”. Sappiamo che la parte quando è disancorata dal tutto è un frammento, e dei frammenti non ci occupiamo molto favorevolmente. Ma è proprio lì dove si gioca la vera dialettica, cioè considerare la “parte” come se fosse il “tutto” è genio. C’è un passo de Il cavallo rosso relativo alla morte di Manno che mi ha fatto intravedere la genialità di Corti nel porre attenzione alla “parte”.

La morte di Manno
Il passo è significativo perché nel momento in cui Manno sta per morire si accorge che in qualche modo c’è la mano della Provvidenza dentro questo suo sacrificio. La considerazione che mi pare dialetticamente geniale è questa: Manno avverte un fruscio, non più con le orecchie ma con l’anima, e non si tratta del fruscio dello stendardo della bandiera ma delle ali del suo angelo che lo va a prendere. Questo è un passo certamente molto ricco da un punto di vista della intuizione geniale, ma anche da un punto di vista evangelico. Se andiamo con la memoria al passo del Vangelo di Luca dove viene narrata la parabola del ricco epulone e di Lazzaro quando si descrive la morte di entrambi si dice una cosa molto bella. Il passo dice così: “Morì il ricco e fu sepolto” e poi “Morì il povero Lazzaro e gli angeli del paradiso lo portarono nel seno di Abramo”.

Muore Lazzaro e si muovono tutti gli angeli del paradiso. Quando noi pensiamo alla morte di un uomo, anche se quell’anima appare sola, in realtà non è mai sola, perché Dio arriva con i suoi angeli come nel caso di Manno. Manno sente un fruscio e vede il suo angelo. Questo passo è stato molto significativo per me perché ho intravisto non solo la capacità di Corti di curare e coordinare la narrazione, ma anche la sua capacità di saper curare la parte come se fosse il tutto.