Filippo De Pisis, il silenzio delle cose e la Brianza

Un ritratto di Filippo De Pisis, scomparso a Brugherio nel 1956, in occasione della mostra organizzata da Fondazione Ferrara Arte e il servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara.
Un dettaglio di Natura morta marina con peperoni, una melanzana e una conchiglia
Un dettaglio di Natura morta marina con peperoni, una melanzana e una conchiglia

La Fondazione Ferrara Arte e il servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara hanno organizzato una mostra dossier per presentare al pubblico una nuova tavola di Filippo De Pisis (Ferrara 1896 – Brugherio 1956) “Natura morta marina con peperoni, una melanzana e una conchiglia”, ponendola in dialogo con una selezione di olii e litografie di De Pisis appartenenti ai musei civici ferraresi. La tavola è stata acquisita nel marzo 2021 dal Ministero della Cultura su proposta dell’Ufficio Esportazione di Venezia per le Gallerie dell’Accademia e concessa in deposito al museo ferrarese.

Filippo De Pisis, il silenzio delle cose e la Brianza
Natura morta marina con peperoni, una melanzana e una conchiglia

L’opera, eseguita nel 1946 durante un soggiorno di De Pisis a Venezia, è una delle sue più intense e liriche nature morte marine e documenta il personalissimo stile pittorico maturo, caratterizzato da una scrittura fatta di tocchi rapidi di pennello, ariosa, delicata, rarefatta. Il cielo e il mare sono due strisce lontane, mentre sulla spiaggia deserta, in un’atmosfera sospesa e immobile, si vedono gli ortaggi e una solitaria conchiglia dalle tenere tonalità rosacee e dai riflessi madreperlati.

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“De Pisis. Il silenzio delle cose”, -visitabile fino al 2 giugno 2022- allestita nella Sala dei Comuni del Castello Estense, racconta uno dei filoni più noti della produzione depisisiana: la natura morta marina. In queste composizioni, che costellano l’intera carriera del pittore, il tema nasce dalla dialettica fra l’infinitamente piccolo (una conchiglia, degli ortaggi abbandonati sulla sabbia, un beccaccino) e l’infinitamente grande (il mare sullo sfondo e il cielo appena segnato da qualche nuvola). Opere in cui De Pisis concilia le sue riflessioni metafisiche -maturate a seguito dei contatti con De Chirico e Carrà- con quell’attaccamento alla realtà dei sentimenti e delle cose che aveva sviluppato leggendo, tra gli altri, i poeti Giovanni Pascoli, Corrado Govoni, Aldo Palazzeschi e Giovanni Comisso.

Filippo De Pisis, il silenzio delle cose e la Brianza
Natura morta marina con peperoni, una melanzana e una conchiglia

Esemplare di questo nesso è la “Natura morta con il martin pescatore” (1925), in cui è mirabilmente raffigurato il tema pascoliano del ricordo, della memoria, mentre nelle atmosfere misteriose e sospese delle “Cipolle di Socrate” (1926) e delle nature morte marine, realizzate tra il 1927 e il 1932, il poeta-pittore riconsidera il personale rapporto con la metafisica di De Chirico, conosciuto a Ferrara nel 1915. A completare il percorso della mostra ferrarese sono sette litografie eseguite da De Pisis tra il 1945-46 a corredo di alcune sue poesie. In questi fogli la mano dell’artista si destreggia con un tratteggio in grado di restituire magistralmente le masse, i volumi e le ombre. E non solo, perché è proprio “il silenzio delle cose”, fortemente visibile in questa mostra oggi in corso a Ferrara, a far luce su quel silenzio interiore che lo avvolse negli anni della sua vita nella Villa Fiorita di Brugherio.

All’interno di quest’ultima, oggi sede municipale e un tempo casa di cura di malattie nervose che lo ebbe ospite, sono conservati importanti affreschi settecenteschi. Le fasce decorate situate nella sala in cui oggi si celebrano i matrimoni civili, ad esempio, propongono episodi della vita di Cleopatra, tra cui spicca la scena melodrammatica della morte, con il morso della serpe e un’ancella che assiste impotente al suicidio.
Nelle decorazioni pittoriche ispirate all’ultima discendente della dinastia tolemaica si avvertono chiari riferimenti alle decorazioni ad affresco dedicate alla sovrana d’Egitto presenti in Palazzo Trotti a Vimercate, soprattutto nella trattazione dettagliata delle vesti e dei gioielli indossati dall’infelice Cleopatra. Tra quelle mura di Villa Fiorita a Brugherio carpì silenzi impotenti e assorbì con gli occhi quelle immagini melodrammatiche dipinte su muri e soffitti, continuando a dipingere ossessivamente come in “Cielo a Villa Fiorita” (1952).

Filippo De Pisis, il silenzio delle cose e la Brianza
Natura morta marina con peperoni, una melanzana e una conchiglia

Il conte Luigi Filippo Tibertelli, in arte Filippo de Pisis (1896-1956) è stato l’ l’eclettico pittore originario della città pentagona, Ferrara, ma anche – e soprattutto, a suo dire – fine scrittore, attento botanico, curioso entomologo ed insaziabile flâneur, sin dal 1909 de Pisis aveva allestito nella sua dimora presso Palazzo Calcagnini delle “camere metafisiche”, anomale Wunderkammer “ermetiche, un po’ spettrali”, ove collezionava pezzi di antiquariato, codici pregiati, bibelots e chincaglierie di ogni sorta: tutti quei “piccoli penati che lo seguivano di camera in camera, di città in città”, come scrive nelle Memorie del marchesino pittore nel 1928. Dalla Ferrara dechirichiana e da quelle piazze metafisiche s’origina il suo “silenzio delle cose”, con il quale ha convissuto tutta una vita, specie in quegli anni di dolore a Brugherio-Villa Fiorita. Metafisica (μετὰ τὰ ϕυσικά), quindi, andare oltre le apparenze, scoprire la “profondità abitata” celata nelle cose, così da svelare la “spettralità del reale” e comprenderne la vera essenza: è questo per de Pisis l’intento di un’intera vita artistica.

Filippo De Pisis, il silenzio delle cose e la Brianza
Natura morta marina con peperoni, una melanzana e una conchiglia

“Vedrai, io diventerò un grande pittore. Anche Leopardi ha faticato tanto per farsi riconoscere. Ti ricordi, noi abbiamo fatto i poeti. Adesso io faccio il pittore”. Quando scrive queste frasi all’amico Nico Naldini siamo nella Ferrara del 1916 dove Filippo De Pisis frequenta Giorgio De Chirico e suo fratello Andrea – poi noto con lo pseudonimo di Alberto Savinio – e li invita spesso nelle sue “camere metafisiche”, alcune stanze che De Pisis ha allestito come una wunderkammer privata nella sua abitazione ferrarese, dove Giorgio aveva depositato per qualche tempo taluni suoi dipinti metafisici. E in quelle stanze è già scritto il destino di De Pisis, pittore flâneur, inquieto e raffinato vagabondo del pennello, aristocratico irregolare, paesaggista emotivo e sensibile, sperimentatore sempre rispettoso della tradizione. Il “Marchesino pittore” sfugge ad un’unica definizione, e la sua personalità si rivela più complessa di quanto non possa apparire a prima vista. Il suo pennello diventa una sorta di sismografo capace di registrare con inimitabile immediatezza ciò che accade nell’attimo dell’incontro-scontro tra la sensibilità dell’artista e l’emozione che gli procurano le cose, anche le più umili: una semplice penna d’oca a terra, nel mezzo di una strada, o una conchiglia abbandonata su una spiaggia.

Tra il 1924 e il 1927 realizza le nature morte marine, dove la lezione di Edouard Manet è visibile anche nella scelta della tavolozza, nell’uso delle lacche rosse, affondate nella dolcezza delle terre gialle o bruciate, degli accordi sui complementari giallo-oro e blu di Prussia e l’infinita scala dei verdi accordata coi rossi. Paesaggi, nature morte, frutti, fiori, animali e uomini sono tratteggiati, sulle sue tele, con pennellate lievi, vibranti, luminose, fragili in apparenza, ma dure in realtà come il fil di ferro. Agli inizi Filippo de Pisis interpreta a modo effervescente la pittura di De Chirico e di Carrà, in seguito la sua “vena pittorica” si riduce alle linee essenziali come ha ben osservato Giuseppe Raimondi: “Sulla tela dalla lievissima imprimitura si espandono le pennellate a furia, larghe, non grasse di colore, intense nella materia, scorrevoli, asciutte e solo a tratti raggrumate in una sosta più densa, come i nodi in una canna di bambù”. Le sue opere esposte in tutta Europa e accolte nelle più importanti Gallerie e Rassegne d’Arte, raggiunsero il massimo successo alla Biennale di Venezia del 1948 e a quella del 1954. De Pisis è morto a Brugherio nel 1956, e gli ultimi dieci anni della sua vita qui trascorsi in cura a Villa Fiorita perché segnato da precarie condizioni di salute a causa di gravi problemi nervosi.

Carlo Franza

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Filippo De Pisis, il silenzio delle cose e la Brianza
Natura morta marina con peperoni, una melanzana e una conchiglia

Nato nel 1949, Carlo Franza è uno storico dell’arte moderna e contemporanea, italiano. Critico d’arte. È vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (lettere, filosofia e sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e assistente ordinario. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore straordinario di storia dell’arte moderna e contemporanea (Università La Sapienza-Roma) , ordinario di lingua e letteratura italiana. Visiting professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose università estere. Giornalista, critico d’arte dal 1974 al 2002 a Il Giornale di Indro Montanelli, poi a Libero dal 2002 al 2012. Nel 2012 ritorna e riprende sul quotidiano “Il Giornale” la sua rubrica “Scenari dell’arte”.