Monza – Venerdì 22 giugno insieme all’Enpa. Al Binario 7 di Monza si è svolto un convegno sulla vivisezione degli animali. Il motto della serata è stato “pensaci un minuto”. I referenti del convegno sono professionisti ed esperti, ma anche animalisti che lottano da anni per ottenere maggiori diritti per gli animali. Il primo ad aver preso parola è stato Giorgio Riva, presidente dell’Enpa di Monza e Brianza il quale ha spiegato quello che l’associazione ha fatto e sta facendo per la battagli contro la vivisezione. Il presidente ha anticipato gli eventi di raccolta fondi per il centro di recupero animali di Concorezzo.
I relatori che hanno partecipato alla serata sono stati Giliberto Germani, responsabile settore antivivisezione dell’Enpa, Stefano Cagno, psichiatra e dirigente ospedaliero, Sergio Sellitto, vicepresidente nazionale dell’Enpa. Assente l’onorevole Michela Vittoria Brambilla che avrebbe dovuto partecipare all’incontro. A questo incontro ha preso la parola anche Massimo Tettamanti, che sarà il direttore del centro di recupero animali di Concorezzo: nel suo intervento ha spiegato in maniera concreta come vanno trattati gli animali salvati dai laboratori e ha raccontato la sua esperienza.
Nel corso della serata sono stati ripercorsi i momenti salienti della lotta alla vivisezione. Sono state spiegate le problematiche legali e il primo modo che hanno trovato per poter fermare questa atrocità. Infatti, la legge vieta l’utilizzo degli animali per la ricerca solo in presenza di un metodo alternativo. E questo lo può decidere solo il vivisezionista. Proprio da questo punto Tettamanti ha iniziato il suo racconto: «Venivo chiamato da alcuni studenti universitari contrari al metodo della vivisezione degli animali per la ricerca da laboratorio. Io, Stefano Cagno o altri esperti in grado di dare una soluzione alternativa ci presentavamo in ateneo con un metodo che non prevedeva l’utilizzo degli animali». Tettamanti ha spiegato che il più delle volte il vivisezionista approvava il metodo alternativo e a quel punto «il gioco era fatto». Come ha spiegato Tettamanti, nel momento in cui si è in possesso di un metodo alternativo, la legge proibisce il vivisezionamento di animali per svolgere la ricerca.
La battaglia quindi era vinta. «E’ sorto un problema che ci ha colto impreparati – racconta Tettamanti – avevamo salvato gli animali dalla vivisezione ma le università se ne dovevano liberare. Quindi o si trovava una sistemazione nel giro di un giorno oppure sarebbero stati uccisi tutti». Proprio da questa esperienza è nata la necessità di un centro di recupero animali da laboratorio.