Concorezzo, quattro a processoper l’incidente alla ditta Colombo

In quattro a processo per la morte del povero Sonhibu Wade, 45 anni, cittadino senegalese rimasto vittima tre anni fa di un terribile incidente sul lavoro all'allora Colombo Spurghi di Concorezzo.
Concorezzo, quattro a processoper l’incidente alla ditta Colombo

Concorezzo – In quattro a processo per la morte del povero Sonhibu Wade, 45 anni, cittadino senegalese rimasto vittima tre anni fa di un terribile incidente sul lavoro all’allora Colombo Spurghi di Concorezzo. A giudizio, il prossimo 18 giugno, davanti al tribunale di Monza in composizione monocratica, andranno i due titolari della Colombo Spurghi, i due rappresentanti delle cooperative che hanno in gestione i servizi all’interno della fabbrica concorezzese, tra cui anche quella che aveva assunto il povero Wade, e le tre società coinvolte, imputate in qualità di persone giuridiche.

Omicidio colposo e violazioni delle normative per la sicurezza sui luoghi di lavoro, le accuse contestate dalla procura brianzola (il fascicolo d’indagine, in questi anni, è stato istruito dal pubblico ministero Donata Costa).
A gennaio del 2009, il drammatico incidente. Giunto quasi alla fine del turno di lavoro, lo sfortunato operaio è rimasto intrappolato nell’impianto di smistamento dei rifiuti, presso lo stabilimento concorezzese. Nelle prime battute dell’inchiesta, gli inquirenti (oltre a sequestrare il macchinario presso il quale è avvenuta la tragedia) hanno interrogato i colleghi della vittima, tutti extracomunitari addetti allo smistamento dei rifiuti. Il racconto dei colleghi, secondo quanto riferito da palazzo di giustizia, aveva confermato la prima ricostruzione effettuata dai tecnici dell’Asl.

In base a questa versione, il lavoratore africano è morto durante le operazioni di ripulitura del macchinario composto da un meccanismo complesso, composto da due nastri trasportatori ed un grosso cilindro meccanico che separa automaticamente le parti più grosse da quelle meno ingombranti. Il manuale d’uso prevede che le operazioni di pulitura del macchinario (in particolare di una griglia posta sotto lo stesso) e del nastro vengano effettuate quando quest’ultimo è spento. Secondo quanto emerso dagli interrogatori negli uffici della procura di Monza, tuttavia, sembra che la prassi fosse quella di effettuare quel tipo di operazioni con l’impianto in funzione. Su questo punto, gli inquirenti hanno ipotizzato un profilo di colpa per omessa sorveglianza, e mancanza di informazioni adeguate agli lavoratori.
Federico Berni