Clandestino con obbligo di firma «Costretto» a restare in Italia

Desio – É clandestino, ma per la legge non deve lasciare l’Italia. Sentenza piuttosto curiosa quella emessa lo scorso mercoledì 9 marzo da un giudice del tribunale di Desio, che trovandosi di fronte un peruviano clandestino, inosservante alla legge Bossi-Fini, invece di sentenziare il rimpatrio, lo ha condannato all’obbligo di firma e così nelle prossime settimane per forza non potrà abbandonare in confini della Penisola, in barba alla legge nazionale. Tutto è iniziato da un banale posto di controllo della polizia stradale di Seregno, che alle 18 dello scorso lunedì 8 marzo si trovava in via Milano. Davanti agli agenti stava transitando un grosso autocarro di 120 quintali, quando ecco alzarsi la paletta e l’invito da accostare. Lo straniero al volante, un peruviano di 41 anni domiciliato a Novate Milanese, ha detto di lavorare per una cooperativa di trasporto conto terzi con sede a Segrate, ma quando è stato il momento di mostrare i documenti, l’irregolarità è venuta a galla. Non solo non aveva “tradotto” la patente di guida, trasformandola come da legge nel rispetto delle normative italiane, ma era anche sprovvisto della Carta di qualificazione del conducente, documento necessario per chi guida un camion, e soprattutto da controlli al computer è risultato essere clandestino, è stato così arrestato. Nel 2007 in base a un decreto d’espulsione era stato rimpatriato, imbarcato su un volto partito da Malpensa e diretto a Lima, ma poi clandestinamente era arrivato in Italia, trovando lavoro alla cooperativa. Processato per direttissima il giorno seguente, martedì 9 marzo, la convalida del fermo si è tradotta con l’obbligo di firma. Seppur sia un clandestino, il peruviano è “condannato” a restare in Italia.
Cri.Marz.