In un’epoca in cui anche l’aria è tassabile e la felicità ha pure l’Iva, c’è ancora un grande classico che resiste ai crolli di borsa, ai dazi di Trump, alle mode di TikTok: la casa a Monza e Brianza. Sì, proprio lei. Quattro mura, un balcone, magari un box (che vale quanto un monolocale a Desio) e quel profumo di libertà che sa di pittura fresca e bollette in arrivo.
Certo, comprar casa oggi non è esattamente una passeggiata nel parco di Monza. È più una maratona a ostacoli tra agenzie iper-entusiaste, geometri criptici e banche che ti chiedono l’anima, il Cud e anche la pagella delle elementari. Però alla fine, quando entri in quel trilocale con vista sulla rotonda e ti siedi sul divano appena montato storto, ti senti ricco dentro. Perché, diciamolo, una casa in Brianza è ancora un bene rifugio. Altro che lingotti d’oro. Da queste parti si investe nel mattone e nella speranza che i vicini non suonino la batteria o la tromba. In mezzo a cantieri eterni, visure catastali da decifrare come i geroglifici della stele di Rosetta e scale condominiali teatro di guerre fredde per gli zerbini, la casa resta un sogno tutto brianzolo.
E qui, tra Monza e Lissone, tra Vimercate, Cesano Maderno e Biassono passando per Seregno, quel sogno è ancora vivo. Perché, in fondo, possedere quattro muri propri dà la stessa soddisfazione di una strofa di Lucio Battisti cantata a squarciagola in auto: “E tu, e tu, e tu… che casa vuoi di più?“.
La verità è che, nonostante i prezzi spesso fuori orbita e le trattative che sembrano scambi di ostaggi, la casa a Monza e dintorni ha ancora un’anima. È il luogo dove crescono i figli, si brucia il primo risotto, si litiga per il telecomando e si ascolta Battisti la domenica mattina mentre si pulisce con la finestra aperta.