«È l’inizio di qualcosa che può portare lontano e in modo molto pericoloso. Se si continua in questa direzione ci saranno delle risposte». Nell’immediato non grossi problemi, ma la strada dei dazi è piena di insidie. Giorgio Donati, direttore commerciale globale del Gruppo Fontana, una delle aziende leader nel settore dei fasteners (sistemi di fissaggio) sintetizza così le preoccupazioni dell’industria brianzola e italiana dopo le imposizioni del presidente americano Donald Trump (termine che in italiano significa briscola ndr) sull’importazione di acciaio (25%) e alluminio (10%) escludendo solo Canada e Messico. Il manager Fontana (azienda che vanta una forte presenza negli Usa con nove stabilimenti e 1700 dipendenti e che lì si approvvigiona di materie prime sul mercato interno) era la settimana scorsa al congresso dell’associazione americana di bulloneria, dove, gioco forza, l’argomento teneva banco.
Le ripercussioni. L’imposizione dei dazi, che va letta anche nel contesto delle elezioni americane di medio termine, che riguardano il Congresso e dell’orientamento anti globalizzazione dell’elettorato del presidente Usa, non desta preoccupazioni nell’immediato, ma la strada imboccata è pericolosa. Non per niente l’Europa paventa possibili ritorsioni per whiskey, jeans e moto come le Harley Davidson, che, tra l’altro, colpirebbero interessi americani in stati tradizionalmente repubblicani.
«I dazi potrebbero far alzare i prezzi sul mercato Usa – spiega Donati – ma con la maggiorazione dovrebbero fare i conti tutti i concorrenti. Resta il tema del 2% di produzione cinese che potrebbe cercare altri mercati. L’Europa vorrebbe evitare che le esportazioni di acciaio si riversassero qui».
Trump si è appellato alla National Security Exception, una clausola di salvaguardia che permette di imporre dazi senza autorizzazione del Wto in caso di minaccia della sicurezza nazionale. Il che vuol dire che paradossalmente l’organizzazione mondiale del commercio potrebbe dire qualcosa sulle eventuali ritorsioni europee ma non sulle decisioni americane.
«I dazi per ora non preoccupano» osserva Jody Brugola, della Oeb, anch’essa azienda che ha un insediamento industriale negli Usa e che prende le materie prime sul mercato interno americano. Al di là dell’efficacia della misura, però, che secondo molti esperti potrebbe essere un boomerang per gli Usa, resta il tema della risposta europea (che potrebbe colpire, come detto il settore moto) soprattutto se dovessero arrivare dazi anche sulle auto europee.
«Scatenare una guerra commerciale nel nostro settore – dice Andrea Dell’Orto, presidente dell’Associazione nazionale ciclo e motociclo accessori – avrebbe risvolti pesantemente negativi soprattutto per le aziende italiane che esportano negli Usa. Auspichiamo che il Governo italiano prenda una posizione precisa su tale questione, rilevante per non destabilizzare il nostro comparto».
Metallurgia. Intanto Electrolux, multinazionale che ha uno stabilimento anche in Brianza, a Solaro, ha annunciato il rinvio di un investimento da 250 milioni di dollari per modernizzare lo stabilimento di Springfield, temendo proprio un rialzo del prezzo dell’acciaio sul mercato Usa. La politica dei dazi, se dovesse estendersi, potrebbe essere pericolosa per la Brianza. L’interscambio con gli Usa tra gennaio e settembre 2017 ammonta a 829 milioni di euro, con 429 milioni di export. Numeri consistenti anche per la metallurgia e i prodotti in metallo: oltre 44 milioni di interscambio con le esportazioni vicine ai 38 milioni.