Il primo contatto con la Commissione europea è arrivato grazie alla Bocconi, l’università nella quale ha studiato Economia. Marco Mapelli, 26 anni, monzese, però, ora non è più un semplice stagista, ma è entrato a far parte della task force che si occupa del Recovery plan italiano, il gruppo di lavoro che ha studiato e analizzato a fondo il piano italiano per il rilancio del dopo Covid. Un incarico importante che gli è stato proposto in virtù anche dell’esperienza sul campo, grazie al lavoro per la Camera di commercio italo-brasiliana, svolto proprio in Brasile occupandosi delle piccole e medie imprese, ma anche a un periodo passato a Londra con Intesa Sanpaolo.
Il primo approccio con la Commissione, a dir la verità, ha riguardato Dg Grow, il Direttorato generale della Commissione europea, che si occupa di grande industria, internal market e, appunto, Pmi, l’equivalente a quello che per il Governo italiano è il ministero per lo Sviluppo economico, lo stesso che per qualche tempo in passato è stato guidato da Antonio Tajani.
Ma poi, ad aprile, gli è stata offerta una grossa opportunità, quella di far parte della struttura Dg Ecfin che, insieme al Segretariato generale della Commissione, ha costituito un team dedicato al Recovery plan, il grande progetto europeo per la ripresa economica attraverso il quale al nostro Paese arriveranno 191.5 miliardi di euro. Dg Ecfin, che in tempi normali si occupa di politica economica, stabilità finanziaria e finanze pubbliche, ha dovuto “riconvertirsi” dedicandosi ai piani nazionali giunti dai governi degli Stati membri per ottenere i fondi europei, collaborando con il Segretariato generale, la Presidenza del Consiglio a livello continentale.
Una sinergia che ha dato vita a una struttura di lavoro a doppia gerarchia, che verifica la corrispondenza tra le condizioni poste dalla Ue e i piani di rilancio preparati dai singoli Paesi.
“Lavoriamo tutti i giorni insieme – spiega Marco – siamo una ventina di esperti che si occupano solo del Recovery plan italiano. Le prime due settimane di aprile sono state super intense, si faceva anche mezzanotte, anche perchè oltre al piano ci arrivano anche altre richieste. Nella riunione di fine aprile per concludere le negoziazioni e verificare il rispetto delle condizioni poste dalla Ue al piano italiano abbiamo cominciato nel tardo pomeriggio e siamo andati avanti fino al giorno seguente”.
I soldi promessi dall’Europa, infatti, legano la possibilità degli investimenti a un programma preciso di realizzazioni e a una serie di riforme che l’Italia deve garantire. Fino ad aprile la task force di cui fa parte Marco Mapelli si è occupata di negoziare cosa poteva entrare o meno nel Recovery plan, una verifica condotta attraverso un confronto serrato con il Mef Ministero dell’Economia e delle Finanze, al quale è stato affidato il coordinamento dei lavori da parte italiana. A maggio sono stati limati i dettagli e poi, finalmente, la Commissione ha adottato la sua proposta, che ora dovrà essere sottoposta al Consiglio per eventuali altri adeguamenti.
Mapelli, che prima della Bocconi ha frequentato lo storico liceo classico Zucchi, è uno degli “sherpa” della task force, del personale che svolge il lavoro tecnico, prepara i documenti, compie le verifiche opportune affinchè poi i responsabili del Team possano avere tutti gli elementi per prendere le loro decisioni, lavorando, come gli altri, in smart working.
“Dal punto di vista umano e professionale mi trovo benissimo – spiega – a 26 anni mi sto occupando del piano italiano interfacciandomi con i dirigenti del Mef, non è cosa da poco. Confrontarsi con persone che hanno anni di esperienza dentro la Commissione europea è stimolante”.
Nel gruppo, con un capo austriaco che comunque fa riferimento a sua volta al direttore generale olandese di Dg Ecfin, ci sono altri giovani come lui, pronti a darsi da fare, a “sbattersi” per chiarire ogni aspetto tecnico. Ora il lavoro sarà quello di controllare che i Paesi seguano pedissequamente i programmi presentati. Non rispettarli significa rischiare di perdere i finanziamenti. Per Marco Mapelli la prospettiva è di rimanere a Bruxelles altri due anni, ma si tratta di un periodo che potrebbe allungarsi fino a sei o sette anni.
La strada è già indicata ed è quella sulla quale si è incamminato grazie anche agli incoraggiamenti della famiglia e del padre in particolare. Marco è figlio di Walter Mapelli, indimenticato Pm della Procura di Monza morto prematuramente due anni fa: “Mi ha sempre spinto a seguire il mio percorso”. Che oggi lo ha portato al team che si occupa del più importante e imponente piano di rilancio economico della storia europea.