Il lavoro sicuro diminuisce e contemporaneamente cresce quello irregolare. È questo il tema al centro dello sciopero nazionale di 8 ore del comparto edile e di tutta la filiera, in programma domani 15 marzo. Sempre domani Fillea Cgil Filca Cisl e Feneal Uil hanno organizzato una manifestazione a Roma, alle 9.30 in Piazza del Popolo.
La delegazione di Monza e Lecco sarà composta da 250 lavoratori. I sindacati chiedono soprattutto investimenti per «rilanciare il settore, rilanciare il Paese». I dati, del resto, dimostrano come la crisi abbia picchiato durissimo su un comparto che, prima del 2008, contribuiva per l’11.5% alla creazione del prodotto interno lordo. Ora questa percentuale è arrivata all’8%. Gli occupati a livello nazionale sono circa 500mila. Prima del 2008 erano 600mila in più, mentre 120mila imprese hanno cessato l’attività. La ricca Lombardia non si è salvata da questa moria di posti e aziende. Anzi. Nel biennio 2007-2008 gli iscritti alla Cassa Edile di Milano, Monza e Lodi erano oltre 70mila. Ora siamo a quota 43mila. Gli occupati brianzoli, nello stesso periodo, sono passati da 8.400 a 5mila. In provincia di Lecco da 6.300 a 3.200. Diminuiscono i posti, ma pure il livello di sicurezza: nella sola Brianza, in 10 giorni, quattro persone sono rimaste vittime di incidenti sul lavoro. Capitolo imprese: qui la crisi tra Milano, Monza e Lodi le ha ridotte da 11.500 a 5.400. In Brianza e nel Lecchese si è scesi, rispettivamente,da 1.700 a 940 e da 1.184 a 750. Numeri drammatici che fanno sembrare lontanissimo il «boom» del mattone.
«Anche qui in Brianza – sottolinea Silvio Baita, segretario generale Filca Cisl Monza Brianza Lecco – paghiamo il fatto che il pubblico non stia investendo. In tutta Italia i cantieri fermi sono 600. Nella nostra zona, per esempio, la Pedemontana si arresta a Lentate. Un aiuto verrebbe se ripartissero pure i cantieri della Lecco-Bergamo e il prolungamento della Metropolitana a Monza. E poi aspettiamo che parta a pieno regime la Città della Salute a Sesto San Giovanni».
E nemmeno la realizzazione delle strutture di Expo 2015 è servita, perlomeno a Milano e dintorni, a innescare l’attesa inversione di tendenza. «Nei cantieri di Expo – precisa Francesco Condorelli, componente la segreteria Filca Cisl Monza Brianza Lecco – hanno lavorato circa 6mila addetti del settore edile. L’effetto positivo c’è stato, ma ha avuto una durata temporanea. Qualche segnale rassicurante ora viene dal campo delle ristrutturazioni: tanti edifici costruiti negli anni Sessanta e Settanta vanno adeguati alle nuove norme. Altre commesse potrebbero venire dalla messa in sicurezza di ponti e di scuole».
Il momento critico, intanto, ha favorito anche datori di lavoro «disinvolti», decisi a risparmiare evitando l’applicazione del contratto degli edili. Può così succedere che una rotonda stradale venga realizzata da addetti con un contratto del settore florovivaistico. Peccato, però, che l’unico collegamento con quel comparto sia costituito dalle pianticelle messe a dimora al termine dei lavori. E poi c’è sempre il lavoro in nero. «Inoltre – conclude Baita –, nei cantieri incontriamo addetti che si qualificano come lavoratori artigiani. Ma noi abbiamo il dubbio che lo siano davvero».