È andata in scena lunedì la protesta dei commercialisti di Monza. Si sono raccolti sotto l’arengario in piazza Roma ognuno simbolicamente con qualcosa di bianco – un cappello, la cravatta, una sciarpa o un fazzoletto – per un flash mob a sostegno delle imprese. Era lo sciopero per chiedere che gli Isa (indicatori sintetici di affidabilità fiscale), che sostituiscono gli studi di settore, possano essere applicati facoltativamente.
«I commercialisti non sono contrari alla lotta all’evasione fiscale – commenta Federico Ratti presidente dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili di Monza e della Brianza che ha partecipato all’iniziativa – ma qualche dubbio ce l’hanno quando a pagare per quelle sacrosante battaglie sono i loro clienti, che le tasse le pagano. Qualche anno fa il nostro Ordine, in collaborazione con il Centro di ricerca interuniversitario di economia del territorio, aveva calcolato il costo di alcuni adempimenti fiscali. In media al professionista uno studio di settore costava 186,77 euro. Questa turbolenta estate di continui aggiornamenti al software per gli Isa ci ha costretto a ripetere la compilazione ben tre volte: quanto dovremmo far pagare ai nostri clienti? E questo 2019 è anche l’anno della fatturazione elettronica …e della trasmissione telematica dei corrispettivi …e dell’obbligo di revisione anche per le imprese di minori dimensioni».
I commercialisti si sono uniti in una silenziosa protesta contro l’applicazione degli ISA e bere un caffè. “A questo si aggiunge la bassa percezione che le imprese hanno di questo problema. Secondo un sondaggio della scorsa settimana i clienti del 75% dei professionisti pensano che l’introduzione degli Isa sia solo un problema dei commercialisti”, hanno concluso.