Banca popolare di Milano compie 150 anni e ha festeggiato in Villa reale a Monza, ottava tappa del Bpm Tour. Il direttore generale Giuseppe Castagna ne ha parlato con il Cittadino, in un colloquio sui principali temi dell’attualità.
GUARDA Le foto del Bpm Tour in Villa reale a Monza
Direttore Castagna , come si presenta la banca al secolo e mezzo di vita?
Devo dire che siamo molto soddisfatti, per noi e per i territori in cui tradizionalmente operiamo, e per questo siamo lieti di festeggiare a Monza. Abbiamo avuto periodi travagliati, ma da due anni a questa parte ho raccolto l’impegno di ristrutturazione attuato in precedenza e abbiamo potuto rilanciare la banca in termini di quote di mercato, redditività e reputazione. Fortunatamente, tale fase si sposa con un momento storico per tutto il sistema: parlo ovviamente della riforma delle popolari. Ci presentiamo insomma in ottima forma.
Veniamo alla tappa di Monza. Per tradizione e per numeri una banca come la vostra non può certo sottovalutare un territorio come questo. Come sta cambiando il vostro impegno e qual è la vostra strategia in Brianza?
Per noi è un territorio fondamentale: il secondo per quota di mercato interna su finanziamenti e depositi (dopo Alessandria, dove abbiamo assorbito la cassa di Risparmio). Per noi Milano e Monza Brianza sono le due province più importanti: da voi abbiamo 90 anni di storia, 50 filiali, 400 dipendenti, 100mila clienti e una quota di mercato superiore al 10% su impieghi e depositi. Il dato nazionale è al 2%.
Ha citato Milano e Monza, recenti protagoniste di un matrimonio confindustriale. Come lo valuta?
Tutto ciò che può portare ad aggregazioni e sinergie, si tratti di banche o di imprese, è un vantaggio. Probabilmente la frammentazione consente più partecipazione attiva, ma anche troppi sforzi. Che due realtà cruciali per il paese siamo assieme è non solo frutto di buona volontà ma anche a mio avviso di vera attenzione al territorio senza localismi.
Di recente è arrivato un allarme piuttosto inquietante da parte di Salvatore Maccarone, presidente del Fondo Interbancario di tutela dei depositi. Il “caveat” non riguarda BPM, ma pone un problema sistemico sul credito italiano e sui risparmiatori. Cosa ne pensa e come si situa la sua banca in questo contesto?
Noi siamo usciti dagli stress test come quarta miglior banca italiana come portafoglio di credito. Abbiamo oltre 700 milioni di eccesso di capitale a ottobre 2014. Siamo stati tra i pochi a conseguire un ottimo risultato economico, tornando a distribuire dividendi agli azionisti e capitalizzando. Siamo chiamati al silenzio per ovvie ragioni, ma ci furono indiscrezioni dei media secondo cui solo due banche erano nel top ranking della Bce: i nomi che giravano erano il nostro e quello di Intesa San Paolo. Ci interessa ovviamente l’allarme di Maccarone perché sappiamo che parte del sistema bancario va sostenuto: il tema non è più se ma come, senza fare aiuti di stato
In qualche modo riapre il dibattito sulle Bad bank?
Credo che un fondo volontario partecipato dalle banche possa essere una buona soluzione per evitare aiuti di stato. Poi non posso non notare che la Gran Bretagna ha salvato le banche con 80 miliardi, la Germania ne ha messi 60 : noi 6, peraltro restituiti. C’è un tema enorme di politica economica a livello comunitario…
Torniamo a BPM. Lei ha detto che auspica entro l’assemblea di aprile la convergenza di trasformazione in spa e aggregazione, in linea con la riforma delle popolari. Conferma?
Essendo quotati in Borsa, siamo obbligati al riserbo e quindi non avrà alcuna anticipazione. Confermo però che il quadro non è per noi solo un obbligo ma un’opportunità. Chi si muove prima ne avrà vantaggio. Noi vogliamo un partner che condivida questa visione e che abbia dimensioni paragonabili alle nostre. Per il momento siamo in situazione di colloqui con soggetti interessati.
Il capo di Stato ha appena firmato la finanziaria che è ora attesa dal cammino parlamentare. Che giudizio dà?
Il governo sta dando risposte apprezzate dalla comunità internazionale e finanziaria, e tutto sommato anche dall’opinione pubblica. Condividiamo un giudizio positivo. Parlo della mia esperienza: nel 2014 con gli operatori internazionali si registrava la percezione di un “problema paese”, oggi non più. Ora tocca a noi sfruttare questa circostanza.
Il clima economico resta confuso: alle speranze del contesto di inizio anno (petrolio, euro debole, QE) sembra aver fatto posto l’incertezza portata da Grecia, Cina, Volkswagen, immigrazione, deflazione. L’Istat parla di ritorno della fiducia: lei cosa vede?
Il quadro oggettivamente contrastato: lo “zero virgola” non è un obiettivo raggiunto e non è nemmeno auspicabile. La parola chiave è fiducia: noi dobbiamo concederla e al tempo stesso conquistarla da parte di imprese e famiglie . C’è un clima completamente diverso rispetto ad anni anche vicini. Abbiamo segnali positivi ma anche dati sugli impieghi piuttosto piatti. C’è da lavorare.
Lei tornerà a breve a Monza per la nostra Top500, la classifica del Cittadino sui migliori fatturati della Brianza: può questo territorio essere traino della ripresa?
Stiamo crescendo oltre il 4% su base nazionale, e la Brianza ha un ruolo cruciale. Da inizio anno in provincia abbiamo 800 milioni di nuovi impieghi: è un bacino che rappresenta per noi una ragione di vita da oltre 90 anni. Continueremo ad essere presenti in attività economiche e di supporto a iniziative sociali, culturali, sportive per permettergli di svolgere il ruolo che gli spetta.