Il bilancio, come al solito, è pesante: quattro morti e 7.315 infortuni nel 2021. Lo dice l’Inail in un report che fotografa la situazione degli incidenti sul lavoro nel nostro territorio.
“Sono dati che non ci lasciano tranquilli in quanto tendono a confermare un andamento storico territoriale che denuncia le modalità di lavoro con cui operiamo quotidianamente nei cantieri, nelle aziende, con i mezzi di trasporto – è il commento di Giulio Fossati, segretario Cgil Monza e Brianza- Abbiamo avuto anche nel 2021 quattro morti nei luoghi di lavoro. Persone che non faranno più ritorno a casa nel tentativo di garantire una vita degna alla propria famiglia. Famiglie che piombano in un lutto improvviso e che quasi sicuramente saranno più povere e in gravi difficoltà per il prossimo futuro”
“Un infortunio su sei -spiega ancora Fossati- avviene nel tragitto che ci porta da casa al lavoro. Questo deve necessariamente portare a una riflessione sullo stato dell’infrastruttura stradale e alla concentrazione dei mezzi di trasporto in determinati orari della giornata, che dipendono in primis dall’organizzazione del lavoro sul territorio. Dobbiamo rimettere al centro la persona con il lavoro di qualità, la formazione e l’informazione utili a incrementare la percezione del rischio delle varie tipologie di produzioni. Dobbiamo implementare la bilateralità territoriale dove manca o non è attuata, incrementando la strategicità dei ruoli delle varie figure nel sistema di gestione aziendale, partendo dal medico competente e dal Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Sono indispensabili enti di prevenzione strutturati, competenti e motivati per contrastare efficacemente il mancato rispetto delle regole nei luoghi di lavoro”.
Ma non ci sono solo gli infortuni, incidono anche le malattie professionali: 200 le denunce del 2021, riguardano in particolare il sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo, il sistema nervoso e l’insorgenza di tumori. Un fenomeno di cui si parla poco. “Fatica a emergere -chiosa Fossati- perché a volte è difficile legare le patologie agli effetti dell’attività lavorativa. Spesso anche i medici di famiglia non ne comprendono la natura, perché i rischi delle lavorazioni non sono riportate nel libretto sanitario dei lavoratori e delle lavoratrici, un’altra cattiva prassi ormai consolidata che scarica gli effetti delle attività lavorative sul servizio sanitario nazionale”.