I detrattori della Ue e dell’euro ci pensino due volte prima di chiedere l’uscita dall’Europa. Al di là di tutte le polemiche su Bruxelles e la politica capestro dell’austerità proprio lì, nei Paesi dell’Unione europea e in particolare in quelli dell’area euro 19, delle nazioni, cioè, che hanno scelto la moneta unica rinunciando alle valute locali, c’è l’Eldorado dell’export brianzolo.
I dati della Camera di commercio di Milano Monza Brianza nel periodo gennaio- settembre 2017 parlano di 7 miliardi e 731 milioni di esportazioni con un eloquente più 14,8 per cento. Il peso della Ue è preponderante: 4 miliardi e 348 milioni (più 22 per cento) di cui 3 miliardi 405 milioni tra i Paesi dell’euro.
Da un certo punto di vista non è neanche una novità, i Paesi più vicini sono quelli ai quali viene più naturale guardare per piazzare la propria merce. Ma nella geo economia della Brianza che produce ci sono nazioni che acquistano un’importanza che prima non avevano. La prima è la tigre celtica, la Cina d’Europa: l’Irlanda. Dublino, dopo un periodo di vacche magre, ora avanza a colpi di 4 per cento di pil all’anno. Una politica fiscale che non strangola le aziende sta all’origine di un exploit che ha ridato le ali a una delle economie più dinamiche degli ultimi decenni, che però ha conosciuto anche periodi bui.
Una situazione della quale sta approfittando anche la Brianza. Nella classifica dell’export monzese, infatti, la Germania è sempre il mercato che dà più soddisfazioni con un business da oltre un miliardo e un aumento del 2,5 per cento, ma dietro ai tedeschi spuntano proprio gli irlandesi: 672 milioni di euro con un fantasmagorico più 1600 per cento.
Cala, invece, del 12 per cento, il terzo mercato di riferimento europeo per la Brianza, la Francia, che comunque ha acquistato per oltre 600 milioni. Volendo intuire qualche sviluppo futuro si può considerare un’altra area come nuova frontiera: i Paesi dell’Est. Polonia (più 10 per cento, con 186 milioni) Cechia, Ungheria, Bulgaria e Ungheria sono tutti con il segno più. Restando in Europa,infine, nell’ambito dei 28 Paesi della Ue, ci sono altri due segnali da registrare: un incoraggiante 35 per cento di crescita per i Paesi Bassi e, invece, un meno 15 per cento per la Lituania.
Fuori dai confini del Vecchio Continente la Brianza subisce alcuni contraccolpi ma si apre anche a nuove frontiere. L’avvento di Trump, ad esempio, stando ai numeri della Camera di commercio, non è che abbia favorito la Brianza. Il nuovo corso repubblicano inaugurato dal discusso tycoon statunitense non fa bene all’economia nostrana, che piazza ancora 429 milioni di merci, arrivando a 480 in tutto il Nord America, ma con un volume d’affari è calato del 2,3 per cento.
A Monza, tuttavia, basta andare un po’ più a Sud per rifarsi: nell’America centro meridionale si ottiene qualche risultato in più, non in termini assoluti (231 milioni) ma senz’altro in termini percentuali (più 27,2 per cento) e anche di prospettive. Quanto all’Asia resta un buon cliente la Cina (198 milioni con un più 9,4 per cento), ma le rotte dell’export brianzolo stanno cambiando: le aziende monzesi puntano a Singapore, che con 186 milioni e oltre il 19 per cento in più praticamente pareggia il mercato cinese, e alla Corea del Sud, 90 milioni.