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Il viaggio della prima turbina della Franco Tosi “made in Brianza”

GUARDA Il video del viaggio da Legnano Da Legano all’Iran: sarà questo il viaggio, che durerà circa un mese, della turbina realizzata dalla Franco Tosi di Legnano recentemente acquistata dalla “Bruno Presezzi” di Alberto Presezzi.Il gigante da 180 tonnellate ha dato lavoro a 300 persone.
La turbina della Franco Tosi in viaggio
La turbina della Franco Tosi in viaggio

Poi dicono che il tempo è galantuomo. Il motivo per cui valeva la pena prendere la Franco Tosi pesa 180 tonnellate e viaggia lentissimo. Mentre leggete queste righe sta arrivando al porto di Marghera. È una turbina grossa come un bilocale che ha lasciato lo storico stabilimento di Legnano con destinazione Iran: costruire quel colosso dentro quella cittadella che fino a pochi mesi fa era una lapide piantata sul semicadavere della meccanica pesante italiana ha coinciso con la rinascita dell’azienda e dei suoi 300 dipendenti. Alberto Presezzi guarda la sua turbina incatenata su una specie di treno ambulante: un camion con una motrice e una piastra con sotto 14 file di ruote, fatta apposta per reggere il peso del mostro di metallo nei 350 km circa che la separano dal porto veneto. Da lì, una gru lo solleverà per metterla su una nave che si farà migliaia di km per arrivare ad Assalouye, golfo Persico, sponda iraniana: 25 giorni buoni di navigazione, passando dal Canale di Suez e aggirando la penisola arabica. È la prima di tre turbine che faranno funzionare una grande centrale elettrica del paese.

Questa commessa è all’origine dell’acquisto della Tosi da parte della Bruno Presezzi di Burago. Ed è qui che c’entra la Brianza: senza l’idea ardita di questa azienda del vimercatese con 140 dipendenti che se ne è comprata una che ne ha avuti 6mila oggi quel Tir non starebbe sbuffando sulla Padana Inferiore (non può viaggiare in autostrada) alla volta della Persia. Soprattutto, centinaia di persone avrebbero perso il lavoro. Proprio quella commessa, strappata oltre un anno fa grazie agli storici legami costruiti con l’Iran dalla Presezzi, ha convinto il commissario straordinario che stava al capezzale della Franco Tosi della bontà del piano industriale dell’acquirente. Il cliente voleva la turbina completa, la Bruno Presezzi faceva solo componenti, e così è nata l’idea dell’acquisto: servivano spazio e capacità produttiva, e a 50km (quelli che separano Burago da Legnano) c’erano. La vicenda è nota ai lettori del Cittadino: malgrado fortissime resistenze sindacali (leggasi FIOM), l’imprenditore chiude la partita, e le mura lugubri della ditta di Legnano si riempiono di operai, di rumore, di lavoro.

«Gli uomini della Tosi sono ancora capaci di fare turbine», dice Presezzi. È lunedì 11 gennaio, fa freddo e c’è il nebbione. Fuori da uno dei capannoni della fabbrica il tir trotterella sotto le tonnellate, scortato da altri furgoncini e dagli uomini della Saving Shipping (la spedizione è uno “scherzo” che costa quanto una casa, ma in fondo è l’1% del valore di quella commessa da una ventina di milioni). Ci sono le autorità di Legnano, qualche fotografo, la moglie di Alberto, Barbara. «Senza questo signore», dice senza essere visto un dirigente che ha aiutato il commissario della Tosi, «qui sarebbe tutto morto». Il camion può circolare solo di notte, alla prima rotonda quattro uomini devono spostare un semaforo, alzare un cavo elettrico, fermare il traffico. Ad aprile partirà la seconda turbina, in piena estate la terza, e allora la centrale termoelettrica iraniana sarà operativa. Nel nebbione di Legnano Presezzi guarda tutto contento il giocattolone intabarrato nel cappotto grigio: «Questo è il risultato del grande lavoro della mia azienda e degli operai della Franco Tosi. Ma è solo l’inizio: nel 2018 saremo ai livelli giusti di competitività. Abbiamo fatto questa turbina in 14 mesi, le prossime arriveranno in 12. Nessuno oggi è ai nostri livelli, grazie alla professionalità e all’impegno di tutti».

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Le recenti tensioni tra Iran e Arabia Saudita non rappresentano, per l’imprenditore, un ostacolo preoccupante: «I numeri e i volumi d’affari tra i due paesi non solo quelli di chi si fa la guerra. Anzi, per noi la fine dell’embargo rappresenta un’occasione irripetibile». Fare sistema, investire, costruire, allargarsi, parlare alla pari con giganti come General Electric, portare l’Italia nel mondo riaffermando una vocazione di potenza industriale: gli ultimi anni della Presezzi sembrano l’esatto opposto della nostra economia. Tocca alla seconda generazione di questi figli della Brianza piantare con orgoglio schivo una bandiera italiana nel Golfo, scommettere su un’ipotesi di cooperazione, di commercio, di affari certo, in un mondo da cui oggi sembrano provenire solo segnali negativi.

Non c’è solo il Golfo nel destino della Franco Tosi “brianzola”: c’è l’Europa e c’è l’Italia, ci sono commesse con le quali la storica azienda può sperare in un futuro. Dopo anni di abbandono, di razzie, ci sono da rimettere in funzione pure gli impianti di riscaldamento. Ma il clima, nel freddo gennaio, è diverso. A seguire con lo sguardo il bestione ci sono anche alcuni operai della nuova Tosi, che sanno cosa vuol dire sputare sangue in cassa integrazione con la mobilità che ti guarda storto. Non è orario di lavoro: ci hanno dato sotto – senza che l’azienda li obbligasse – anche all’Epifania, per essere certi di rispettare i tempi. Perché in fondo, come la sedia di Péguy, quella turbina «non doveva essere ben fatta per il padrone, né per gli intenditori, né per i clienti del padrone. Doveva essere ben fatta di per sé, in sé, nella sua stessa natura». Alcuni di loro stanno lì, in macchina, a guardare il loro lavoro che caracolla nel buio come un elefante assonnato. Qualche timido applauso e un sorriso, poi il camion sparisce dietro la nebbia.