Cinque mesi di cassa integrazione arretrata. Una situazione intollerabile per i lavoratori artigiani che ha spinto Cgil, Cisl e Uil della Lombardia a rivolgersi direttamente al Governo con una lettera che sollecita un intervento immediato per sistemare una situazione troppo grave per essere passata ancora sotto silenzio. Quella dei lavoratori artigiani e degli ammortizzatori sociali disposti per affrontare la crisi Covid è una storia travagliata, che parte dai primi, insufficienti, 60 milioni di euro stanziati a inizio pandemia e continua con uno stanziamento di 750 milioni e le proteste di luglio davanti alle prefetture, in seguito alle quali è stato pagato aprile il 12% di maggio .
Da allora niente si è mosso: «Ora leggiamo – scrivono i sindacati all’esecutivo – che la Corte dei Conti pare abbia “liberato” le risorse per la cassa integrazione dei lavoratori artigiani: per quali periodi? Il mese di maggio, giugno, forse? Siamo praticamente ad ottobre: la situazione è intollerabile, fra pochi giorni 5 mesi di arretrati».
Una situazione grave alla quale si chiede di mettere mano subito. Anche perchè solo in Lombardia ci sono oltre 60mila addetti in attesa di pagamenti: «I lavoratori non possono non fare la spesa, non pagare le bollette – spiega Christian Vagni della Cisl Monza Brianza Lecco lavoratori artigiani – Solo noi abbiamo sottoscritto 2.100 accordi di cassa integrazione che riguardano 10mila lavoratori sul territorio». I numeri dimostrano che, al di là delle singole situazioni, si tratta di un problema di grande rilevanza sociale.
Il Fondo solidarietà bilaterale dell’artigianato (Fsba) potrebbe avviare i bonifici da subito ma ha le casse vuote, anche perchè ha provveduto a liquidare 250 milioni di euro, tutto quello che aveva in cassa per far fronte alla fase iniziale dell’emergenza. Ora dal Governo aspetta 350 milioni.
«In questa situazione – continua Vagni – è minata la possibilità dell’ente di intervenire in future situazioni di crisi». Visti i chiari di luna si tratta di eventualità che potrebbero concretizzarsi anche a breve.
L’invito dei sindacati regionali è perentorio: «Ora basta, bisogna dare tutto e subito di più a chi ha avuto meno. Rifinanziare immediatamente gli ammortizzatori sociali dell’artigianato».
Effetto choc anche sull’industria metalmeccanica lombarda. Nel primo semestre dell’anno sono state colpite dalla crisi 18.673 aziende contro le 392 di fine 2019 (+4664%) e 382.885 lavoratori (+2115%; erano 17.288 nel periodo precedente). Lo dice il Rapporto sulle situazioni di crisi dell’Osservatorio della Fim Lombardia che riguarda i primi sei mesi del 2020. Un dato pesante al quale Monza, purtroppo, ha contribuito non poco. Il numero delle aziende in crisi in Brianza, infatti, è di 2.467, con oltre 58mila lavoratori interessati e una percentuale di incidenza sul totale del 15,36 per cento. Una platea di dipendenti e imprese molto nutrita e che fa temere per il futuro immediato dell’occupazione-
«I dati – commenta Andrea Donegà, segretario generale della Fim Cisl Lombardia, il sindacato dei lavoratori metalmeccanici – dimostrano quanto l’impatto del Coronavirus sia stato profondo e quanto sia necessario che il piano per l’utilizzo del Recovery fund si concentri su: transizione tecnologica, formazione e politiche attive, investimenti a favore dei soggetti più deboli. Permanendo il divieto di licenziamento e gli ammortizzatori sociali, temiamo un contraccolpo occupazionale nel 2021».