Torna aria di bufera in Candy. Poco prima di Natale il malcontento è serpeggiato tra i 30 lavoratori che hanno avviato la nuova linea super-produttiva: 85 macchine all’ora anziché le 60 ordinarie. I nuovi standard voluti dall’azienda hanno messo a dura prova i lavoratori che hanno comunque portato a termine la sperimentazione con successo. Il problema, a quanto pare, è che si aspettavano un riconoscimento, come è già successo in passato per dipendenti “apri-pista”. Il concetto è stato espresso da Paolo Mancini rappresentante delle Rsu della Cgil. I lavoratori sono sottoposti da anni a cicli di cassa integrazione e contratti di solidarietà che hanno ridotto anche pesantemente la giornata lavorativa. E, di conseguenza, lo stipendio. Per questo c’è chi magari ha disdetto l’asilo nido o spinto il coniuge a trovare lavoro.
«Noi vogliamo lavorare e fare il possibile per salvare posti e stabilimento – dice Mancini – quindi non diciamo mai di no. Però questo atteggiamento nei confronti delle nostre vite è insopportabile». All’occorrenza e senza preavviso, le settimane lavorative si allungano e le famiglie devono fare salti mortali per consentire all’operaio Candy di correre in ditta.
I 30 scontenti spiegano: «sarebbe bastato un riconoscimento simbolico, anche 50 euro in busta. In questa situazione, avrebbe fatto piacere». Questioni di lana caprina, direbbe qualcuno, ma per comprendere l’episodio serve la chiave di lettura: dall’anno prossimo 300 posti di lavoro potrebbero sparire nel nulla. E così gli operai vivono in costante conflitto: compiacere l’azienda da un lato; preservare una dignità professionale e una qualità della vita decente dall’altro.