Dopo le assemblee di sabato mercoledì lo sciopero in occasione dell’incontro che si terrà tra le parti al Ministero dello Sviluppo economico. Acque agitate per i lavoratori dell’Auchan, i cui punti vendita italiani sono stati acquisiti da Conad. I sindacati e la nuova proprietà non hanno trovato un accordo relativamente alle modalità del passaggio di mano della rete, che comprende anche altri marchi come Sma. Secondo Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uitltucs «Conad non ha voluto dare nessuna garanzia di salvaguardia del perimetro occupazionale». Non sono state indicate quali potrebbero essere le criticità in termini di occupazione, se ci sono, cioè, realtà nelle quali possono essere dichiarati tagli e in questo contesto, secondo le organizzazioni dei lavoratori, c’è il rischio di una gestione frammentata degli esuberi, senza garanzie dirette da parte delle cooperative. «Inoltre la società – continuano Cgil, Cisl e Uil nel documento con il quale hanno chiesto l’incontro al Mise- ha provveduto a disdettare la contrattazione integrativa negando qualsiasi disponibilità a ricontrattare su temi rilevanti quale l’organizzazione del lavoro».
I temi sul tappeto, insomma, sono tanti e riguardano anche il futuro di molti punti vendita, compreso quello monzese di via Lario, dove operano 150 persone. Lì, sabato mattina, si sono tenute assemblee sindacali retribuite per preparare lo sciopero del 30 ottobre, quando davanti al Mise si terrà anche un presidio. «I punti vendita che non compresi nella lista di quelli che devono passare di mano subito -spiega Matteo Moretti della Filcams Cgil- sono quelli con qualche criticità. A Monza ci hanno sempre detto che la situazione non era brillante. Un particolare che non ci lascia sereni». Il timore che si voglia incidere sui livelli occupazionali, insomma, c’è.
Fino a questo momento Conad ha dato indicazioni solo sul passaggio di 109 punti vendita, quelli che hanno un andamento positivo, che danno occupazione a oltre 5.600 lavoratori sui 18mila complessivi di Auchan. Per il resto della rete non ci sono programmi precisi: il futuro lì è ancora da valutare. In attesa dell’incontro di Roma, comunque, Conad il 9 ottobre ha annunciato che sono operativi i primi quattro nuovi supermercati in provincia di Brescia, Latina, Roma. «A tutti i lavoratori di questi nuovi punti vendita-spiega l’azienda- è assicurato il pieno rispetto e l’applicazione di tutte le garanzie e di tutti i diritti applicati ai dipendenti della rete Conad, nel rispetto degli impegni occupazionali assunti nella fase di chiusura delle procedure di acquisizione delle attività del gruppo francese». Intanto la proprietà, che ha chiesto ai fornitori un intervento “una tantum” come contributo o sconto commerciale per il rilancio, parla anche di un trend invertito per Auchan, passata da un andamento fortemente negativo fino alla fine di settembre, meno 5% rispetto all’andamento del mercato, a un comportamento analogo a quello del mercato nazionale, vale a dire più 0,9%.
Le ricadute sono forti anche a livello territoriale. Nelle province di Lecco e Monza-Brianza, solo tre punti vendita passeranno subito al nuovo acquirente: l’Iper di Merate (200 dipendenti), lo Sma di Lecco(40 dipendenti) e lo Sma di Lissone (50 dipendenti). Nulla si sa del destino dell’Auchan di Monza e di altri cinque supermercati e dei loro circa 500 dipendenti. Di fronte a questa situazione, Conad non ha però dichiarato alcun esubero
«Nell’incontro di Roma – spiega Francesco Barazzetta della Fisascat Cisl Monza Brianza Lecco -, il sindacato chiederà quali intenzioni ha la direzione e quale trattamento sarà riservato a chi lavora in punti vendita che non passeranno direttamente a Conad. Rimane il dubbio anche per chi passerà al nuovo gruppo. Conad è un associazione che riunisce numerosi imprenditori. Ognuno opera indipendentemente anche se esistono elementi in comune con gli altri. Ciò significa che i dipendenti non faranno più parte di un gruppo unico. Rischiano quindi di avere trattamenti diversi. Nell’incontro con la direzione verificheremo quindi se sarà possibile evitare un’eccessiva frammentazione dei trattamenti».