«Affondo le mani nella materia, per non dar vita a una sortita fine a se stessa, ma a un percorso che porta sino in fondo». Ogni lavoro di Mario Perrotta è segnato da questa densità di tracciati. Ogni tema sgorga da diverse prospettive e si proietta in progetti articolati: l’autore giunge ad afferrare pezzi della nostra storia, passata e presente, per indagarli per anni e su più piani. Si pensi alla trilogia dedicata ad Antonio Ligabue o all’opera sulle migrazioni. Ora l’attore, regista e autore pugliese, arriva al teatro Manzoni per la rassegna Altri percorsi, venerdì 17 febbraio (alle 21), con il suo lavoro sulla Grande Guerra, “Milite Ignoto ”, (foto © Luigi Burroni) dove rivolge la sua attenzione a sguardi e parole di singoli uomini che hanno vissuto e descritto gli eventi bellici dal loro particolare punto d’osservazione: la trincea. E dalla loro particolare identità, fatta di dialetti che sono ricchezza e appartenenza, strappati via dalla brutalità e dall’annientamento della “non-vita” al fronte.
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«Ho scelto questo titolo, Milite Ignoto, perché la prima guerra mondiale fu l’ultimo evento bellico dove il milite ebbe ancora un qualche valore anche nel suo agire solitario, mentre da quel conflitto in poi, anzi, già negli ultimi sviluppi dello stesso, il milite divenne, appunto, ignoto. E per ignoto ho voluto intendere “dimenticato”: dimenticato in quanto essere umano che ha, appunto, un nome e un cognome. E una faccia, e una voce».
Ma da dove nasce l’urgenza di questo spettacolo? «Non certo dall’anniversario della Grande Guerra – precisa subito l’autore.- Non è mia abitudine cogliere queste occasioni. Ma ho visto nella possibilità di questo lavoro lo stimolo per chiudere un percorso di anni sulla lingua italiana. Un lavoro sul dialetto che, di fatto, è la lingua delle viscere. Perché quando viviamo le nostre emozioni, negative o positive che siano, le viviamo in dialetto. Ci escono nella nostra lingua madre».
“Milite Ignoto – quindicidiciotto” (produzione Permàr, Archivio diaristico nazionale, dueL, La Piccionaia) offrirà al pubblico la prospettiva di quegli italiani uniti dalla paura e dal dramma del fronte. Uniti, ma così distanti dall’incomprensione di dialetti diversi. Lo spettacolo, che ha ricevuto il riconoscimento della Presidenza del consiglio dei ministri per il centenario della Prima guerra mondiale e il Premio UBU 2015 come migliore novità italiana, è tratto da “Avanti sempre” di Nicola Maranesi e dal progetto “La Grande Guerra, i diari raccontano.
«In quelle trincee della Prima guerra mondiale si attuò il primo tentativo di una lingua comune – rimarca Perrotta, -. Lì il monzese scoprì il leccese, il torinese l’emiliano. Ma allo stesso tempo tutti si trovarono ad affrontare un dramma nel dramma: quello di non capirsi.
Lo percepiamo bene dalle lettere che ci sono giunte. C’è chi scrive di aver rischiato di morire per non aver capito gli ordini. In trincea si tentò, anche come forma di sopravvivenza, un abbozzo di lingua comune, che non è l’italiano corretto, ma una sorta di esperanto.
Così in scena ho inventato anch’io una lingua, fatta di tutti i dialetti d’Italia. Il mio non vuole certo essere un esercizio di stile, ma il racconto del dramma che queste persone hanno vissuto».
Così Perrotta sarà “inchiodato” a un’unica scena, quella della trincea. «Toccherà allo spettatore trovare il modo, con il suo vissuto, la sua fantasia, di riempire il vuoto della scena». Perché la Grande Guerra è in realtà fatta dalle storie, dagli sguardi e dalle parole di singoli uomini, persi negli ingranaggi della macchina della storia e non più protagonisti eroici della vittoria o della sconfitta. Info: www.teatromanzonimonza.it, 039.2315148/039386500. Biglietti: platea 18/ridotto 16 euro; balconata 16/ridotto 13; galleria 13/ridotto 11 euro