L’intervista: «Approccio romantico a come eravamo»

L’intervista: «Approccio romantico a come eravamo»

“Capitan Brianza e il destino di donna Giovanna”. Molto più di un monologo di narrazione. «E’ uno spaccato della Brianza, una terra che troppo spesso dimentica la sua identità, e così facendo la perde. "Stori veri, minga ball": così parte il mio spettacolo ("Storie vere, mica palle"), perchè ho voluto elaborare racconti, testimonianze, ricordi offuscati, citazioni di vecchi libri, ognuno con il proprio personale colore pronto a risplendere ricordando qualcosa di avvenuto, nella memoria di qualcuno. E io sono in mezzo a questo vortice di ricordi, narratore, nuovo cantastorie».
Perché un monologo teatrale sulla Brianza?
«Perché credo che questo genere mancasse a livello di professionismo. Mancava un tassello, insomma: qualcuno che raccontasse la nostra storia. Giro molto l’Italia per lavoro e mi sono accorto che in Veneto, Emilia Romagna o Piemonte c’è una lunga tradizione di spettacoli “etnici”, che sensibilizzano molto lo spettatore. Il mio non è un teatro civile, però: anche le vicissitudini negative sono raccontate con leggerezza. E non c’è neanche un intento politico: non ci sono insegnamenti civili».
E qual è la Brianza di “Capitan Brianza e il destino di donna Giovanna”?
«Una terra di persone dedite al lavoro sì, ma anche capaci di romanticismo e passione per quello che fanno. La mia è una lettura romantica-nostalgica di come eravamo e non siamo più, come dico nel finale amaro».
Quali gli avvenimenti della storia recente che gli spettatori ritroveranno intrecciati alle storie provate di capitan Brianza e di donna Giovanna?
«C’è una canzone sulla tragedia della diossina di Seveso del 1976, perché donna Giovanna va a vivere proprio lì, in quegli anni. Si parla dell’alluvione del Polesine, che è la causa del trasferimento in Brianza della donna, ma anche dello scandalo del vino al metanolo del 1986 o dello scempio di giornalisti e fotografi al cimitero di Molteno, nel giorno del funerale di Battisti, nel 1998. Ma si parla anche delle tradizioni popolari come quella di San Biagio e del rogo della Giubiana».
Quali appuntamenti dopo la prima di sabato prossimo a Casatenovo? «La tournèe durerà parecchio e avrà date in tutta Lombardia. La prima sarà il 27 marzo al teatro Cantoni di Legnano: un evento a favore delle onlus Anfafs e Amici di Sonia. Poi abbiamo in progetto di realizzare un dvd e un libro di fumetti con le immagini di tutte le date della tournèe, e un cd musicale con le otto canzoni dialettali scritte e musicate da Maciacchini, che mi accompagna sul palco alla chitarra, e con altre che non sono rientrate nello spettacolo».
Quanto conta il teatro nella tua vita?
«Sono nato nel 1967 da un musicista di origini friulane e una sarta bolognese: Piero e Paola. Mi piace parlare di me dicendo che in questo transito temporale della mia esistenza faccio l’attore. Mi volto e praticamente sono passati quattordici anni da quando ho intrapreso questa professione. Un lavoro o una dedizione che mi è indispensabile come la clorofilla per le piante, o come lo stecco per sostenere il ghiacciolo, non solo per vivere una vita ordinata fatta di ritualità come mangiare, mettere il miglior vestito e incontrare gente per strada, ma per poter far conoscere la mia persona più vera».
Alessandra Botto Rossa