Vimercate: la ricercatrice Vimercati studia i microrganismi al Polo Nord

La ricercatrice scientifica è appena rientrata da una spedizione sulle isole Svalbard nell'Artico
le isole Svalbard

Da Vimercate ai luoghi più estremi del pianeta per studiare i microorganismi che vi abitano. Lei è Lara Vimercati ricercatrice 37enne originaria di Vimercate e in questi giorni ha appena fatto rientro all’università di Boulder, in Colorado dove ormai da diversi anni vive e lavora come ricercatrice PostDoc, da una spedizione di due settimane alla stazione di ricerca artica di Ny-Ålesund, nelle isole Svalbard.

Vimercate: la ricercatrice Vimercati “Studio la deglaciazione dell’Artico”

Quella nell’arcipelago glaciale artico è solo l’ultima delle avventure estreme che ha dovuto affrontare nel corso della sua esperienza da ricercatrice: «Io mi occupo di vari progetti incentrati sullo studio di microorganismi adattati a vivere in ambienti “estremi”, in particolare in zone polari – racconta -. Ne studio la distribuzione, potenziale genetico e faccio esperimenti per capire quali meccanismi molecolari siano utilizzati in determinate situazioni di stress. Ho effettuato delle ricerche in Antartide, nelle Ande a ridosso del deserto di Atacama e questa è la mia seconda spedizione alle Svalbard. L’obiettivo era quello di capire come si sviluppano i suoli artici a seguito della deglaciazione dei grandi ghiacciai e del permafrost dovuta al cambiamento climatico globale. Monitoriamo la temperatura, salinità, umidità dei terreni a varie profondità del terreno e li campioniamo con sensori per estrarre DNA ed RNA. Queste molecole rivelano non solo quali organismi vivono in questi suoli, ma anche quali geni e meccanismi molecolari utilizzano nel loro metabolismo».

Vimercate: la ricercatrice Vimercati e il cambiamento climatico

La studio che ne deriverà potrebbe rilevare degli aspetti importanti su quelle che potrebbero essere le conseguenze del cambiamento climatico anche nei luoghi più estremi del pianeta: «I risultati di questa e della precedente spedizione sono molto importanti per capire quanto veloci sono i cambiamenti dei suoli artici – prosegue la ricercatrice -. In particolare, nel mio settore, c’è ancora poco accordo su quale ruolo avranno i microorganismi nei terreni che si liberano a seguito dello scioglimento dei ghiacci. Questi territori vengono colonizzati da microorganismi e ancora non si sa come il loro metabolismo influisca sulla produzione netta di anidride carbonica. In altre parole con il nostro progetto cerchiamo di comprendere se la colonizzazione dei nuovi terreni da parte dei microorganismi possa rappresentare un’ulteriore fonte di anidride carbonica oppure se questi possano essere fotosintetici e rappresentare invece un modo per sequestrarla».

Vimercate: la ricercatrice Vimercati e i panorami unici

Il lavoro effettuato in certi ambienti può spesso risultare non propriamente facile «in particolare ovviamente per le condizioni climatiche – continua -. Capita spesso di non poter raggiungere il sito di lavoro e anche la fauna selvatica può rappresentare un problema. Non si e’ autorizzati ad uscire dalla base qualora venga avvistato in zona un orso polare». Non mancano però anche le emozioni: «Il panorama delle zone polari e’ indubbiamente uno degli aspetti più suggestivi con le immense lingue di ghiaccio che scendono verso il mare, le vallate di queste isole e le montagne impervie che circondano la base- continua –. Mi sento sempre molto fortunata nell’avere il privilegio di recarmi in questi mondi anche se c’è sempre un po’ di tristezza perché questi hanno ormai i decenni contati e sapere di essere nell’ultima generazione che potrà godere di questi paesaggi mi rattrista molto».

Vimercate: la ricercatrice Vimercati e la “fuga” dall’Italia

Lara Vimercati è l’ennesimo esempio di ricercatrice uscita dal nostro paese: «L’Italia pur formando ottimi scienziati è uno dei paesi che investe di meno nella ricerca e sviluppo, ed è in peccato perché non sfrutta questo enorme potenziale, cedendolo invece all’estero. Mi piacerebbe tornarci a vivere, ma sicuramente avrei difficolta’ a poter continuare a svolgere il mio lavoro di ricerca».