“Amministrazione giudiziaria” per una azienda dell’alta moda che, secondo il Tribunale di Milano, non sarebbe riuscita “a prevenire e arginare fenomeni di sfruttamento lavorativo nell’ambito del ciclo produttivo”. Un fenomeno che ha interessato anche la provincia di Monza e Brianza dove operavano “sub affidatari non autorizzati” della azienda stessa, laboratori “gestiti da cittadini cinesi” in odore di caporalato. I Carabinieri del Gruppo per la Tutela del Lavoro di Milano hanno dato esecuzione al decreto emesso dalla sezione Misure di Prevenzione del tribunale meneghino, su richiesta della Procura della Repubblica di Milano. L’azienda destinataria, secondo i magistrati non avrebbe messo in atto “misure idonee alla verifica delle reali condizioni lavorative ovvero delle capacità tecniche delle aziende appaltatrici” e così avrebbe agevolato, in maniera colposa, un presunto “caporalato” (le indagini in tal senso sono nelle fasi preliminari).
Presunto caporalato e maxi sanzioni: i controlli dei carabinieri del Nas anche in Brianza
La casa di moda, da quanto accertato, avrebbe affidato, “attraverso una società in house” la creazione, produzione e vendita delle collezioni di moda e accessori, mediante un contratto di fornitura, “l’intera produzione di parte della collezione di borse e accessori a società terze, con completa esternalizzazione dei processi produttivi”. Ma di fatto, secondo quanto emerso dalle indagini, l’azienda committente avrebbe creato solo il prototipo del prodotto mentre per la produzione su scala industriale, “per competere sul mercato”, avrebbe esternalizzato ai laboratori cinesi, i quali, a loro volta “anche mediante appalti non autorizzati”, sempre per abbattere i costi, sarebbero ricorsi “in modo sistematico” a “manodopera irregolare e clandestina in condizioni di sfruttamento” abbattendo i costi da lavoro, quindi contributivi, assicurativi e da imposte dirette. Completamente inosservate anche le norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e mancato anche il rispetto dei Contratti nazionali di lavoro riguardo a retribuzioni, orari di lavoro, pause e ferie.
Presunto caporalato per l’alta moda, denunce e sanzioni
I Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano, da marzo 2024, hanno effettuato accertamenti sulle modalità di produzione, confezionamento e commercializzazione dei capi di alta moda controllando i soggetti affidatari delle forniture, i sub affidatari non autorizzati “costituiti esclusivamente da opifici gestiti da cittadini cinesi nelle province di Milano e Monza e Brianza” e da “tre ulteriori società “ombra”, prive di lavoratori, costituite ad hoc per effettuare una produzione occulta, solo cartolare, emettendo anche le relative fatture a favore della committenza ma di fatto sub affidando le lavorazioni con lo scopo di ostacolare i controlli degli organi di polizia giudiziaria e di vigilanza” spiegano i Nas in una nota.
I militari hanno individuata anche una fatturazione: “per operazioni inesistenti a carico delle ditte sub-appaltatrici”. In particolare, sono stati controllati sette laboratori: “tutti risultati irregolari” con 67 lavoratori “di cui 9 occupati in nero di cui 3 clandestini sul territorio nazionale”. Negli stabilimenti di produzione effettiva, sempre gli investigatori hanno riscontrato che la lavorazione: “avveniva in condizione di sfruttamento, con pagamento sotto soglia, orario di lavoro non conforme, ambienti di lavoro insalubri e in presenza di gravi violazioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, omessa sorveglianza sanitaria, omessa formazione e informazione e ospitando la manodopera in dormitori realizzati abusivamente e in condizioni igienico sanitarie sotto minimo etico”.
Sette titolari di aziende, tutti di origine cinese, sono stati denunciati in stato di libertà a vario titolo per caporalato oltre che tre persone non in regola con la permanenza e il soggiorno sul territorio nazionale. Comminate ammende per 286.000 euro e sanzioni amministrative per 35.000 euro.