«Con l’annullamento del contratto con l’austriaca Strabag per il secondo lotto della Pedemontana il progetto è definitivamente morto e la società farà la stessa fine da qui a qualche mese».
Lo scrive in una nota il candidato di LeU Dario Balotta, ex responsabile trasporti di Legambiente, spiegando che «oggi sappiamo perché l’ex presidente Federico D’Andrea si è dimesso». Dunque Pedemontana ha deciso di rescindere il contratto con Strabag che vanta una montagna di riserve richieste per lavori già eseguiti. Ora la strada da intraprendere sembra essere una soltanto: procedere a una nuova gara di appalto che porti alla scelta di un nuovo operatore privato che subentri a Strabag.
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Inevitabile, a questo punto, lo slittamento di mesi per il riavvio dei cantieri, fermi alle soglie della Brianza a Lentate sul Seveso. Inevitabili, inoltre, i risvolti politici della scelta: non una ottima figura da parte di Regione Lombardia e del presidente Roberto Maroni, che si è speso ovunque e fino all’ultimo per rassicurare che “l’autostrada si farà, e pure tutta”. Una figuraccia che ricade, dunque, anche sul Pirellone e che deflagra in piena campagna elettorale.
«Evidentemente contrario a questa decisione che condanna la società al fallimento – aggiunge – l’ex presidente D’Andrea è stato messo in minoranza dal Cda e ora Pedemontana dovrebbe iscrivere a fondo rischio e perdite a bilancio non meno di 100 milioni di euro a fronte di un contratto da 1,5 miliardi, ma non dispone di queste risorse e quindi non potrà approvare il bilancio».
«Con questa decisione – aggiunge Balotta – Pedemontana ha fatto rientrare dalla porta principale la richiesta di fallimento del Tribunale di Milano fatta uscire rocambolescamente dalla finestra da Maroni, con la presa in carico regionale di un mutuo di 200 milioni». Un mutuo che, secondo Balotta, «è servito non per salvare il progetto ma le banche creditrici».
«Da tempo – conclude il candidato di LeU – è evidente che la Pedemontana non è sostenibile sotto il profilo finanziario e che è una inutile ferita ambientale, figlia del gigantismo dei governatori che si sono succeduti, i cui costi ora verranno pagati dai lombardi e dal territorio».