Si profila una perizia psichiatrica nei confronti del pensionato di Vimercate che lunedì ha ucciso la moglie con almeno due coltellate al torace. Servirà a valutare le capacità mentali di Luigi Maiocchi, 81 anni, per cui è stato disposto inizialmente il carcere, salvo poi essere trasferito nel reparto psichiatrico del San Gerardo di Monza. Da quanto appreso, però, per il tribunale, che ha convalidato l’arresto in flagranza di reato, non è incompatibile col carcere, e perciò è destinato a tornare in cella, in attesa di una valutazione psichiatrica più approfondita.
Per capire cosa abbia scatenato l’inaspettata furia omicida del tecnico Alcatel in pensione, conosciuto come persona mite e tranquilla arrestato per l’omicidio della moglie di Dina Mapelli, 77, e per l’aggressione alla vicina di casa, rimasta solo leggermente ferita dalla stessa arma usata per uccidere la donna alla quale era legato da un vita.
Maiocchi, alle dieci di lunedì, ha impugnato un lungo coltello e ha aggredito la moglie nella cucina del loro appartamento, al primo piano del civico 40 di via Pellizzari. Poi è uscito sul pianerottolo, ha suonato il campanello della dirimpettaia 87enne, e ha provato a uccidere anche lei. Un uomo alto almeno un metro e ottanta, contro una donna più anziana e molto più minuta di lui. Che, però, ha avuto l’incredibile prontezza di reagire, afferrare la lama (ferendosi alla mano), e riuscire così a farlo desistere.
A quel punto, i propositi omicidi di Maiocchi si erano già esauriti. È stato trovato in cucina. Seduto e impassibile, mentre per la moglie la situazione era già disperata. L’intervento chirurgico d’urgenza a cui è stata sottoposta al San Gerardo si è rivelato inutile. L’autopsia, disposta dal sostituto procuratore Salvatore Bellomo, chiarirà quanti fendenti (due sicuri) le ha sferrato il marito. Interrogato dai carabinieri, Maiocchi ha ricondotto il suo gesto all’esasperazione, causata da una serie di incomprensioni con la moglie che lo avrebbero, alla lunga, logorato.
Dichiarazioni, però, che sono ancora al vaglio degli inquirenti, così come sono ancora da comprendere a fondo i motivi dell’insensata aggressione alla vicina. I carabinieri di Vimercate, agli ordini del capitano Alberto Stanizzi, hanno ascoltato le figlie della coppia. Nessuna di loro, stando a quanto riferito, ha mai assistito a liti violente o a casi di maltrattamenti tra le mura domestiche. Stessa versione riferita anche da altri inquilini delle stabile e conoscenti.
Funerali e reazioni – Durante i funerali di Dina Mapelli, celebrati venerdì nella chiesa di San Michele a Oreno, don Marco Caraffini ha riservato un pensiero per entrambi i coniugi: «Dina è volata in un’altra dimensione – ha detto il sacerdote – e si è ricongiunta all’abbraccio di Dio». E poi: «La parabola del buon samaritano ci insegna che quando un uomo è a terra non dobbiamo giudicare, ma prenderci cura di lui. Me l’avete detto anche voi (rivolto ai familiari, ndr) che vi sembra di averli persi entrambi».
Del resto la reazione è unanime: da non credere. Si fatica anche a chiamarlo assassino tra i residenti, il signor Maiocchi. Le amiche della vittima si ritrovano alla caffetteria sotto casa, la pasticceria Dell’Orto, «non chiedeteci nulla – dicono ai giornalisti – è una cosa troppo grande, noi eravamo sue amiche, non riusciamo a farcela passare».
Si sottraggono anche i titolari dell’autoricambi di via Pellizzari, stesso condominio di Luigi e Dina. Un dipendente spiega appena: «sono 31 anni che lavoro qui, ma i due anziani non hanno mai fatto parlare di loro, mai sentiti litigare, mai nessun problema».
L’omicida poi viene descritto come una persona a modo, molto riservata, «un signore educato che veniva spesso a bere il caffè da solo la mattina», racconta il personale della caffetteria.
E Dina invece? Una donna energica, decisa, dice una conoscente, «d’altra parte per fare la moglie di un trasfertista, con il marito sempre via per lavoro e tre figlie da tirare su da sola, devi avere un carattere forte. Luigi era collega di mio marito, lavoravano entrambi in Telettra, l’ho conosciuto anche io e lo ricordo come una persona molto silenziosa e pacata. La mattina lo vedevi andare in giro con la sua bicicletta, passava spesso da via Bice Cremagnani dove abito io».
È un’immagine che viene descritta allo stesso modo da tutto il quartiere e che stride ancora di più con le pagine di cronaca già scritte sull’accaduto: un assassino che se ne va in giro con la bici bianca, oppure a piedi, per portare a passeggio il cagnolino della figlia che talvolta, andando al lavoro, lo lasciava da curare ai genitori. Il profilo tracciato da vicini e conoscenti collima piuttosto con le risultanze del lavoro degli inquirenti: Luigi ha ucciso la moglie, ma il suo profilo non è quello classico degli uxoricidi. Non era un uomo violento, è incensurato, non ha precedenti e nemmeno vaghe segnalazioni di maltrattamenti in famiglia o fuori. La dinamica dei fatti e le responsabilità sono chiare, ma le cause sono tutte da ricostruire e al momento pare che nemmeno l’omicida le abbia chiare.