E dopo tanto tuonare, si è finiti in tribunale. Epilogo non inaspettato, visto il livello di tensione raggiunto tra vicini di casa in un condominio di via Buonarroti a Monza, raccontato in questi mesi anche da Il Cittadino. La posizione più delicata è quella della sessantenne che per prima si era sfogata, lamentando una condizione di vita impossibile a causa dei rapporti con gli inquilini del piano di sopra rispetto al suo (una famiglia di immigrati del Bangladesh composta da padre, madre e tre figli di due, quattro, e otto anni) dai quali avrebbe addirittura subito un’aggressione. Accusa negata con fermezza.
Tanto che in realtà, secondo l’autorità giudiziaria, sarebbe la signora ad essersi macchiata di stalking condominiale nei confronti dei vicini. Comportamento accompagnato da orribili esternazioni razziste quali “ignorante straniero”, o un incredibile “torna al tuo paese scimmietta”, che sarebbe stato rivolto a una delle figlie, all’epoca una bambina di solo sei anni (addebito respinto dalla sessantenne monzese).
Da quanto emerso, la procura, inizialmente, aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo, ma, accogliendo l’opposizione del legale di parte civile, il gip ha disposto l’imputazione coatta. Da segnalare, inoltre, che un altro procedimento è aperto, a ruoli invertiti, davanti al giudice di pace, dove imputati sono i coniugi stranieri, accusati di percosse e minacce. Per quanto riguarda il processo per stalking, invece, all’udienza celebrata nei giorni scorsi, secondo quanto appreso, il gup Cristina di Censo ha invitato le parti a cercare una mediazione tra le parti, dal momento che sono state presentate reciproche querele, e ha rinviato il processo a giugno.
Entrando nel merito delle accuse, la donna avrebbe insultato pesantemente i vicini, invitandoli a tornare al loro “paese”. Avrebbe chiamato più volte i carabinieri per presunte aggressioni in suo danno, impedito ai loro ospiti di accedere dal cancello, imbrattato la scala d’accesso all’appartamento delle persone offese con calcinacci, erbacce e piante rovesciate. Gli avrebbe urlato contro più volte dal cortile comune che li avrebbe cacciati da quella casa dove non avevano “diritto di stare”. Sempre durante questi mesi i bengalesi si erano rivolti al nostro giornale, per esprimere il loro punto di vista: “Non abbiamo mai aggredito la signora, né vogliamo impossessarci della sua casa”.