Battendo la concorrenza dei più agguerriti professionisti monzesi, l’architetto Luigi Bartesaghi realizza il nuovo palazzo di giustizia della città in meno di un anno di matta fatica. A dirimere l’accesa rivalità dei galletti di casa ci pensa – al solito – il podestà Cattaneo. Scartati uno ad uno i progetti di Astolfi, Borradori, Corbetta, Maggi, Marelli, Sirtori e Peverelli, Cattaneo scommette la reputazione promovendo il piano di lavoro di Bartesaghi. Venerdì 12 aprile del ‘933, Antonio Albertini, sottosegretario alla Giustizia, “si è vivamente compiaciuto per l’ideazione” del tribunale “che armonizza perfettamente con quella parte di costruzione già esistente e che è del più bel settecento”. Il 20 giugno, lo stesso Albertini “sintetizzava il suo entusiastico apprezzamento nella constatazione, da lui resa allo stesso Podestà avv. Cattaneo, che per sobria eleganza e per razionali distribuzione dei servizi il Palazzo di Giustizia di Monza è il più bello d’Italia e tale da poter essere difficilmente superato”. Esaltato dall’unanimità di giudizio espresso dagli esponenti più in vista del regime, Bartesaghi – fraintendendo – ambirebbe a raddoppiare la posta in gioco progettando – nell’anno ‘934 – una sterminata piscina all’aperto nell’ex Parco reale.
A fronte dalla Cascina del Sole, l’architetto disegna un grandioso bacino per 10mila bagnanti con piscina olimpionica, relativo stabilimento, tribune e ristorante. In pratica, l’estensione complessiva della sola piscina coprirebbe tutto il campo di polo creato nel ‘963. Allibito, Cattaneo cassa seduta stante il progetto. Ma la fregola della piscina nel Parco non abbandona Bartesaghi. Tanto che, nel ’937, ripresenta un’altra variazione sul tema: un lago balneare ai Mulini Asciutti. Sfruttando il Lambro come risorsa naturale, Bartesaghi crea uno stabilimento per 20mila bagnati, con piscina olimpionica, circolo nautico per competizioni di canottaggio, ristorante e una latteria. In teoria, il lago balneare comprenderebbe la cinta del parco di via Ada Negri, a Villasanta, fino – grosso modo – all’ex allevamento del dosso: tuttavia, la stramberia della proposta non viene giudicata attendibile dalle autorità fasciste monzesi. In primis perché sacrificare alberi e prati per il costruendo lago è un nonsenso bell’e buono; poi perché l’inquinamento del fiume metterebbe a rischio l’utilizzo dello stesso bacino artificiale.
Persa la guerra e – soprattutto – la faccia, il Paese cerca di recuperare rispettabilità e decoro tuffandosi nella ricostruzione. Risparmiata dalla distruzione grazie alla mediazione dell’arciprete Rigamonti, Monza volta pagina e si butta a capofitto nel lavurà. Nel ‘945, la Commissione urbanistica di ricostruzione e valorizzazione del Parco vaglia le proposte per lanciare il polmone verde cittadino dopo i vandalismi dei tedeschi in ritirata. Luigi Bartesaghi – pagato dazio alla mutata situazione politica – ritorna a battere per una piscina scoperta nel Parco. Annullati i progetti della Cascina del Sole e dei Mulini Asciutti, l’architetto monzese torna alla carica con un’altra soluzione: un lago balneare della Fagianaia reale, ricavato dal fiume Lambro e della Roggia Pelucca. Lo specchio d’acqua – con Circolo nautico annesso (vela e canottaggio) – raggiunge le propaggini della salita nel Mirabello. Dietro la Fagianaia – con annesso ristorante – la piscina olimpionica con tribune, occupante l’appendice est del Golf Club Milano. Lo stabilimento in regime ambirebbe ad ospitare 20mila bagnati. La Commissione ringrazia sentitamente Bartesaghi ma rigetta in toto il progetto.
Ma gli sportivi monzesi sono in subbuglio. Il 30 novembre ‘947 (ma la lettera è protocollata il 14 febbraio ‘948), “58 cittadini dei seguenti Enti: Sci Cai – S.C. Pedale Monzese – Associazione Calcio Monza – Soc. Ginnastica Monzese Forti e Liberi – Club Universitario – Moto Club F.I.M. – Circolo Tennis” scrivono una lettera al sindaco per perorare la costruzione di una piscina in città. “I sottoscritti, a nome dei numerosi cittadini che confidano di poter risolvere fra breve l’annoso problema della costruzione di una Piscina a Monza; in considerazione che un’iniziativa di tale genere non può svilupparsi senza l’appoggio dell’Autorità Municipale; premesso che i sottoscrittori del Capitale Azionario della costituenda Società per la Piscina Monzese mettono come condizione indispensabile per il buon esito della raccolta dei fondi, l’offerta da parte delle Autorità Comunali, a condizioni da stabilirsi, di un terreno adatto allo scopo; precisato che un terreno adattissimo sarebbe quello attualmente occupato dal Tennis Club di Monza in Via Boccaccio (con riferimento ben s’intende a quella parte non utilizzata); inoltrano istanza alla S.V. Ill.ma affinché venga loro cortesemente comunicato se la costituenda Società potrà usufruire del terreno indicato ed a quali condizioni. I sottoscritti confidano nella ben riconosciuta larghezza di vedute dalla S.V. Ill.ma che eviterà di lasciar languire una iniziativa che tende a colmare una volta per sempre una gravissima lacuna cittadina ed anticipatamente La ringraziano per il Suo decisivo ed autorevole appoggio”.
Anche la stampa cavalca l’onda del piscina da costruire: “Non è da oggi che i monzesi chiedono una piscina e non è da oggi che si dà loro ragione, che si dice che è giusto, che una piscina ci vuole, che non se ne può fare a meno: se ne parla da anni, soprattutto da quando trattandosi di dare una nuova destinazione al Parco reale – passato in proprietà ai Comuni di Milano e Monza – vennero avanzate proposte di ogni genere in merito a tale destinazione, tra le quali quella di una grandiosa piscina da costruirsi in località “Valle dei Sospiri” dove, specialmente nelle domeniche estive i monzesi e anche i milanesi avrebbero potuto veder disputare le più importanti gare di nuoto o nuotare essi stessi” attacca nel dicembre il Corriere d’Informazione. “Poi, la guerra e il dopoguerra fecero accantonare lo studio del problema fino a quando si ritornò a parlare di costruire la piscina alla “Valle dei Sospiri”. Nel frattempo, tutta la sistemazione del Parco – rovinato dalle distruzioni dei tedeschi e dalle ruberie di piante compiute dagli abitanti di oltre cinta – venne posto allo studio. Ma non si prese nessuna decisione, né si può sperare in una soluzione prossima: troppo vasto e complesso è il problema, troppo ardue le difficoltà, troppi tenaci le interferenze, troppo grandi gli interessi in gioco.
D’altra parte, vista nel complesso delle esigenze di sistemare il parco, la piscina diventa una questione secondaria e perciò di lontana imprevedibile soluzione. Così i monzesi hanno deciso di fare da sé e, rinunciando al “grandioso”, di limitarsi a cosa più modesta, adeguata, cioè, al bisogno di una città di settantamila abitanti, come la nostra. Al Comune, essi non chiedono quattrini, chiedono solo un pezzo di terreno nella zona adiacente ai Boschetti reali. Per tutto il resto, provvederà una costituenda società immobiliare, della quale tutti potranno essere azionisti.
Per l’ottenimento del terreno, è stata fatta pervenire in questi giorni allo sportivissimo sindaco, arch. Leo Sorteni, una petizione controfirmata da molti industriali, commercianti, professionisti, impiegati, operai e studenti, nonché dai dirigenti di tutte le maggiori società sportive cittadine. Si ha ragione di credere che la risposta del Comune sarà favorevole. Sappiamo essere intendimento dei promotori l’offrire a Monza una piscina attrezzata in modo perfetto, capace di soddisfare tutte le esigenze e accessibile a tutti.”
Sorteni incassa la pretesa degli sportivi monzesi con malcelato fastidio. La situazione contingente non consente voli pindarici di sorta: meglio risolvere problemi pressanti in città piuttosto che alienare un lotto comunale per assecondare la foia della piscina a tutti i costi. La società immobiliare incaricata della realizzazione del progetto non decolla. Parole tante, fatti concreti nulla: cestinata la lettera d’intenti, il sindaco ritorna alla diuturna battaglia per assicurare un avvenire di prosperità ai monzesi. Cicatrizzate le immani ferite della guerra, l’autodromo assurge nuovamente ai fasti degli anni ruggenti. Anno ‘948: Luigi Bertett ha la prontezza di spirito di bussare alle porte della Cariplo. Il mutuo concesso – 100 milioni – permette al presidente dell’Automobil Club di Milano di varare la riapertura del “tempio della velocità”. In soli due mesi di mattissimo lavoro, l’impianto viene rivoltato da campo a piedi: liberata la zona del traguardo dai residuati bellici, rettificate le curve e ripristinati servizi essenziali, domenica 17 ottobre la pista viene inaugurata con il Gp dell’Autodromo, vinto a Jean-Pierre Wimille su Alfa Romeo 158. Vinta l’esiziale battaglia, i dirigenti della S.I.A.S. programmano lavori di ammodernamento e sviluppo delle infrastrutture. Sulla scorta delle richieste degli sportivi monzesi, il direttore Giuseppe Bacciagaluppi incontra Sorteni per ammorbidire le sue posizioni e per realizzare – possibilmente insieme una piscina scoperta “nel recinto dell’Autodromo”. Tre le proposte sul tavolo: a ridosso della tribuna centrale; dopo il viale d’accesso della porta di Biassono; al Serraglio. Scartate subito la seconda e l’ultima ipotesi, la scelta per costruire la nuova piscina ricade sull’area finitima alla tribuna principale.
La trattativa tra Comune e Sias s’inceppa quasi subito. Per sbloccare l’impasse, gli avvocati della S.I.A.S. – il 4 gennaio ‘951 – inviano a Sorteni una bozza di convenzione per “la costruzione e l’esercizio di una piscina nell’Autodromo di Monza”. Le “parti contraenti convengono quanto segue: la S.I.A.S. s’impegna a costruire nell’interno dell’Autodromo” una piscina di dimensioni 70 x 20, “di profondità adeguata, ad uso balneare e sportivo, con annessi servizi capace, mediante opportuni turni, di ospitare complessivamente 1.000 utenti, iniziando i lavori entro trenta giorni della firma del presente atto e portandoli a termine entro due anni dalla data di versamento da parte del Comune del primo rateo” della quota prevista. Il Comune parteciperà “alla spesa della costruzione con una quota di L. 12.500.000”, aumentabili sino a L. 15.000.0000, da “versarsi alla S.I.A.S., in tre ratei così fissati: il primo, di L. 5.000.000, a realizzo del mutuo che il Comune richiederà alla Cariplo (entro una settimana dalla firma del presente atto), e comunque non oltre il 30 settembre 1951; il secondo di L. 5.000.000, entro il 31 dicembre 1951; il terzo di L. 2.500.000”, aumentabili a 5.000.000 lire entro il 30 giugno 1952. “Qualora nel corso della costruzione intervenissero fatti indipendenti dalla volontà dei contraenti tali da variare il costo delle opere, preventivamente inizialmente in globali L. 25.000.000, il maggior onere sino al limite di L. 5.000.000 supplementari verrà sopportato in egual misura dalle parti, aumentando in tal caso l’importo del terzo rateo da versarsi dal Comune” a 5.000.000 lire. In caso di sospensione dell’opera, “il concorso nella spesa effettuata rimarrà sempre diviso in parti uguali tra i contraenti”.
Se, nel corso della costruzione, “una delle parti intendesse apportare modifiche o aggiunte alle opere preventivate o condurre a termine opere sospese o ridotte, ciò potrà avvenire con il consenso dell’altra parte, che sarà però libera di non concorrere al maggior onere relativo. Alla S.I.A.S., quale corrispettivo del suo contributo ad un’opera che accresce il patrimonio immobiliare del Comune, rimane affidata la gestione della piscina ed annessi per la durata della concessione dell’Autodromo alla S.I.A.S. stessa, e comunque per un periodo non inferiore agli anni venti dall’ultimazione dei lavori. Tale periodo verrà prolungato nel caso in cui in forza dell’Art. 4 o per successivo accordo sull’esecuzione a suo carico di lavori non preventivati, la S.I.A.S. si trovasse a concorre alle spese dell’opera in misura superiore alla metà prevista; il prolungamento sarà di un anno per ogni 2 milioni di maggior concorso della S.I.A.S”.
Allorchè, per cause di forza maggiore, “l’esercizio della piscina dovesse sospendersi per uno e più periodi corrispondenti alla normale attività stagionale (giugno-settembre) la durata della concessione verrà prolungata di un numero corrispondente di anni. Qualora durante il periodo di concessione dell’esercizio della piscina avesse termine la concessione dell’Autodromo alla S.I.A.S., questa avrà facoltà di cedere l’esercizio della piscina a terzi, salvo diritto del Comune di assumerla in proprio a parità di condizioni o accordo tra le parti per un eventuale riscatto. Le tariffe di accesso alla piscina a scopo balneare verranno dalla S.I.A.S. concordate con il Comune, il quale si riserva inoltre la facoltà di controllo dell’osservazione delle norme d’igiene e di pubblica moralità applicabili all’esercizio. Il Comune s’impegna a facilitare mediante i servizi pubblici locali ed ogni altro mezzo a propria disposizione l’afflusso del pubblico alla piscina ed in generale il buon andamento dell’esercizio della stessa. Per tutte le controversie dipendenti dall’applicazione ed interpretazione della presente convenzione le parti convengono di far ricorso ad un collegio arbitrale composto di 3 membri da nominarsi uno da ciascuna delle parti ed il terzo di comune accordo o, in mancanza, dal Presidente del Tribunale di Monza”. Il Foro competente per dirimere le tutte le questioni in merito è quello cittadino.
Molto interessante le “descrizione delle le opere” allegate alla bozza della convenzione. La piscina “consta di una vasca di cemento armato a superficie in cemento lisciato di dimensioni nette di m. 70 x 20 di profondità variabile da m. 0,20 a m. 5. La vasca è suddivisa longitudinalmente in due sezioni rispettivamente di m. 20 e m. 50 di lunghezza la prima delle quali, di profondità massima di m. 1,10 riservata ai principianti e la seconda ai nuotatori. Nella sezione riservata ai nuotatori è ricavata una fossa per i tuffi di m. 19 di lunghezza e di m. 10 di larghezza con profondità minima di m. 4,50. La vasca è munita di sfioratori e bocche d’immissione dell’acqua che consentono il riempimento e la circolazione dell’acqua sino a un livello di m. 0,20 sotto l’orlo superiore. La vasca sarà munita di una vaschetta lavapiedi perimetrale, di numero sei scalette per l’accesso al fondo, di uno scarico nel punto più basso per lo svuotamento, di un trampolino da m. 1 e di un trampolino da m. 3 per i tuffi”. Tutte le dimensioni corrispondono a quelle prescritte dalla Federazione Internazionale del nuoto per i campi di nuoto di prima categoria.
Il fabbricato dei servizi è “formato da una struttura portante in cemento armato con pilastri a sezione rettangolare e sovrastanti travature longitudinali con copertura in laterizio.
Altezza netta dei locali m. 2,60. Il terreno è in asfalto bitumato. L’interno comprende un locale adibito a guardaroba, un locale adibito a doccia, un locale riservato alla Direzione, ed un porticato sotto il quale vengono installate le cabine per servizio a rotazione. I servizi igienici sono quelli già esistenti nell’Autodromo in numero adeguato nelle immediate adiacenze della piscina”.
In prossimità della vasca, verrà installata, “a cura dell’appaltatore dei servizi di Ristorazione dell’Autodromo”, un chiosco-bar.
L’impianto idraulico comprende “un sistema di tubazioni con relative saracinesche ed accessori per l’immissione nella vasca attraverso le bocche d’immissione, dell’acqua proveniente dal pozzo dell’Autodromo; un sistema di sollevamento dell’acqua mediante elettropompa allogata in apposito pozzo a cui fanno capo i tubi collettori dell’acqua dagli sfioratori e dalla scarico di fondo, ed una tubazione di mandata per l’uscita dell’acqua a pressione; la rete di collegamento con le docce ed il relativo sistema di scarico. L’impianto elettrico comprende la rete di distribuzione e gli apparecchi necessari all’illuminazione esterna ed interna nonché all’energia per la elettropompa”. La piscina sarà recintata da una “rete metallica su paletti di ferro alti m. 2, di uno sviluppo complessivo di m. 300; l’accesso all’interno avverrà mediante due cancelli in ferro di luce sufficiente al passaggio degli autoveicoli. Il terreno circostante la piscina sarà opportunamente sistemato con spandimento di ghiaietto per una striscia perimetrale di m. 2 attorno alla vasca, e a verde per la rimanenza”.
Il preventivo d’esercizio della piscina scoperta, con una attività di 100 giorni, chiude in pareggio. Le entrate sono rappresentate da: 20mila ingressi a 80 lire (1.600.000 lire), appalto distribuzione costumi, guardaroba, posteggi, noleggio sedie e ombrelloni (25mila lire), ricavo netto di manifestazioni (500mila lire) e varie ed eventuali (50mila lire), con una totale finale di 2.400.000 lire. Le uscite (esclusi però gli ammortamenti) sono rappresentate da: consumo acqua (mc. 25 x 100 a 25 lire: 650mila lire), energia elettrica per pompe, luce e servizi vari (KwH 100 x 100 a 20 lire: 200mila lire), servizio bagnino (300mila lire), servizio biglietteria e portieri (300mila lire), manutenzione impianto ed immobili 3% 25.000.000 (750mila lire), tasse, amministrazione e spese generali (200mila lire) e utile d’esercizio (25mila lire), con una perdita di 2.400.000.
(1 – continua)