In Lombardia e in Brianza i gruppi criminali come ’ndrangheta, mafia e camorra si alleano, anche sporadicamente, a spot, tra loro e con organizzazioni straniere, e si occultano per realizzare ”svariati interessi criminali”. È una conferma quella che viene dalla lettura della nuova relazione semestrale (primo semestre 2018) della Dia, Direzione investigativa antimafia, fatta pervenire dal Ministero dell’Interno al Parlamento. Estorsione e riciclaggio (oltre 800 casi su 1.000 complessivi) sono i due “reati sintomatici di criminalità organizzata” registrati in Lombardia nel periodo di riferimento.
Un radicamento, quello delle organizzazioni criminali, e in particolare della ’ndrangheta: “che ha consentito alla matrice mafiosa calabrese di dotarsi di una struttura di coordinamento sul territorio, denominata “Lombardia” – si legge nella relazione – intesa come una vera e propria “camera di controllo”, in collegamento con la casa madre reggina e funzionalmente sovraordinata ai “locali” presenti nella zona”. Microgruppi organizzati, i”locali”, scoperti in anni di indagini un po’ in tutta la regione e anche in provincia di Monza e Brianza e ai confini dell’hinterland milanese, vedi il locale “Solaro-Legnano” e quelli di “Monza”, “Desio”, “Seregno”, “Lentate sul Seveso” e “Limbiate”.
Gruppi che si occupano di traffici tradizionali, come quelli di droga e armi, ma anche di più sofisticate movimentazioni finanziarie dissimulate con fittizie attività commerciali. Da quest’ultimo punto di vista, in Brianza, attraverso operazioni investigative e di polizia portate a termine in Calabria un anno fa, è emerso il ruolo di “principale artefice del sistema di false fatturazioni” e di “regista” di dette movimentazioni, svolto da “un soggetto originario di Melito Porto Salvo ma residente a Vimercate”.
In generale spicca sempre più la nuova veste del mafioso 2.0, “che veste elegante a parla forbito ed è capace di infiltrarsi nei settori vitali dell’economia e della pubblica amministrazione lombarda”. E, soprattutto la ’ndrangheta, afferma sempre più la propria presenza a Milano, nel cuore della città, nella movida: ne sono prova le interdittive antimafia adottate nel semestre di riferimento nei confronti di tre locali.
Ma non c’è solo la ’ndrangheta in Lombardia: resta costante la presenza di “Cosa nostra” che ha compiuto negli anni un’abile “sommersione” e mimetizzazione: “per infiltrare in maniera meno appariscente ma più subdola e per questo ancora più pericolosa, il tessuto dell’economia legale”. Citata a tal proposito l’operazione “Security” che nel 2017 aveva condotto all’arresto di 15 persone, alcune riconducibili alla famiglia Laudani di Catania.
In particolare era emersa l’attività di una associazione criminale che attraverso una serie di società e cooperative era riuscita a infiltrare il tessuto economico lombardo nei settori della vigilanza, della sicurezza e della logistica con l’arresto, a gennaio del 2018, di un commercialista di origini messinesi, già sottoposto agli arresti domiciliari nella propria abitazione di Monza che: “avvalendosi delle proprie competenze e del conseguente circuito relazionale milanese, aveva ideato, a vantaggio di una società riconducibile alla consorteria, un articolato meccanismo di evasione delle imposte attraverso false fatturazioni”.
Non mancano infine, oltre a presenze di clan camorristici, quelle, massicce, di mafie straniere: “rilevabili nei redditizi settori del traffico di stupefacenti, delle armi, della contraffazione, fino alla tratta delle persone da avviare al lavoro nero e alla prostituzione (…) attività nelle quali i gruppi e le organizzazioni straniere operano in sinergia e, spesso, in interazione con le organizzazioni criminali autoctone”. Organizzazioni multinazionali che sono molto attive anche nella gestione dei flussi migratori clandestini, nella tratta, che”consente di portare in Italia un elevato numero di risorse umane che, in parte, vengono successivamente impiegate in diverse attività criminali” compresi i furti in abitazione. Spesso, inoltre:”le rotte dell’immigrazione clandestina risultano coincidere con quelle del traffico di stupefacenti”.
Ed ecco allora che la criminalità albanese è particolarmente attiva nel traffico di stupefacenti e nello sfruttamento della prostituzione, quella nigeriana nella gestione migratoria dei connazionali e, ancora, negli stupefacenti, l’asiatica e cinese nell’immigrazione clandestina della sola etnia cinese, quella romena in “sofisticate frodi informatiche bancarie”. Infine, soprattutto in provincia di Milano: “le indagini di polizia hanno evidenziato come un elemento di novità il coinvolgimento di cittadini iraniani nello spaccio di shaboo” la terribile droga sintetica tre volte più potente dell’ecstasy.