Non solo edilizia. Ciclo dei rifiuti, farmacie, turismo, industria del divertimento, boschi della droga: dal secondo rapporto sulla presenza mafiosa (anche straniera) in Lombardia dell’Osservatorio sulla Criminalità organizzata dell’Università degli studi di Milano (Cross) guidato da Nando dalla Chiesa e commissionato dalla Regione emerge che la penetrazione dei clan è “uno scenario in forte movimento”. Lo studio è stato illustrato nei giorni scorsi a Palazzo Pirelli alla presenza tra gli altri del presidente della Regione Attilio Fontana e di Monica Forte, omologa della commissione regionale antimafia, anticorruzione, trasparenza e legalità.
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La novità più eclatante, soprattutto negli ultimi tre anni, è stata l’escalation della pratica criminale dell’incendio delle discariche di rifiuti, 45 (tanto che anche per la Lombardia è stata utilizzato il termine “terra dei fuochi”), tre dei quali avvenuti in Brianza (il 27 maggio 2015 a un impianto di separazione e trattamento rifiuti di Limbiate, il 7 luglio 2017 in uno di stoccaggio e cernita e trattamento di Senago, il 5 gennaio 2018 in una cooperativa che si occupa di pulizie e nettezza urbana di Besana Brianza). Una pratica, come evidenziato in numerose indagini di polizia, finalizzata a smaltire irregolarmente i rifiuti.
“Lo smaltimento illegale dei rifiuti e più in generale i reati ambientali rappresentano un fenomeno criminale crescente in lombardia”, prima regione fra quelle del Nord con 399 infrazioni, e quella con il maggior numero di impianti di trattamento in Italia, 2.700 e quindi “calamita” per la malavita. Se l’infiltrazione nelle attività commerciali e di ristorazione è ormai fisiologica (più per un controllo del territorio sotto forma di presenza che per reale interesse) e quella in supermercati e centri commerciali vede investimenti in crescita (soprattutto nell’ambito dei servizi), sono le farmacie il nuovo “oggetto del desiderio” dei clan, “imprese private – si legge nella ricerca – sottoposte a ridotte attività di controllo, ottima occasione per il riciclaggio, per ampliare le relazioni sociali e gestire traffici illeciti di farmaci e droghe farmacologiche” (Monza, sotto questo punto di vista, era stata coinvolta in un’indagine partita dal una farmacia di piazza Caiazzo di Milano). Singolari poi il controllo delle “slot”, finalizzato anche alla espansione della ludopatia e a conseguenti casi di usura tra gli schiavi del gioco e gli investimenti dei clan nello sport per il riciclaggio, ma anche per ottenere consenso sociale, gestire le scommesse e dare lavoro ai sodali nella gestione degli impianti. Per quanto riguarda invece il traffico e lo spaccio di stupefacenti, è emersa una “straordinaria effervescenza da parte della criminalità straniera” tanto che potrebbe aver eroso spazi alla ’ndrangheta che resta tuttavia”azionista di maggioranza” del mercato. La novità (che novità non è visto che nella ricerca di citano precedenti risalenti agli anni Ottanta come la collinetta “Thailandia” del Parco Lambro), sono i “boschi della droga”, in Brianza citati quello delle Groane e il Parco di Monza, ”il cui utilizzo appare come una modalità d’azione tipica delle organizzazioni narcotrafficanti nordafricane”. “Rinviano invece alla criminalità cinese i centri massaggi,”schermo” per la prostituzione indoor (in Brianza scoperti negli ultimi anni ad Agrate, Lissone, Monza e Seregno) e i laboratori e magazzini orientali con lavoratori in nero.
La Lombardia, in quanto regione con il maggior numero di stranieri residenti e la più ricca del Paese, è quella che più attira la criminalità straniera: “che ha sfruttato vuoti delle mafie italiane e si è specializzata”, vedi la prostituzione, il traffico di esseri umani e la droga. Monza e la Brianza occupano il secondo posto nella regione, dopo Milano, per la presenza di gruppi criminali stranieri. E sono gli albanesi a rivestire un ruolo chiave, anche alleati ai mafiosi italiani.Emergono tuttavia anche gruppi nordafricani che hanno acquisito: «una maggiore professionalità criminale” e i georgiani dediti a furti in appartamento e rapine mentre i nigeriani sono più impegnati “mantenendo un basso profilo” nel narcotraffico.
Secondo quanto emerso dalla ricerca, il ruolo delle organizzazioni mafiose italiane nella gestione del mercato lombardo della prostituzione, appannaggio di quelle straniere, soprattutto albanesi e rumene, “appare limitato”. “Agli italiani sono affidati compiti di secondo piano: accompagnano le ragazze sui luoghi di lavoro, le ospitano nelle proprie case, fanno da prestanome per l’acquisto di appartamenti e telefoni, mettono a disposizione stanze di night club e camere di strutture ricettive e sono indotti a sposarsi con le donne per fare ottenere a queste ultime la cittadinanza».