Per la donna vittima di violenza fisica e psicologica non c’è solo la denuncia: esistono efficaci misure di prevenzione che sovente evitano di far terminare la vicenda in un’aula di tribunale. In occasione della Giornata Internazionale della Donna, dalla Questura di Monza, quest’anno, hanno voluto differenziare la tradizionale campagna informativa, caratterizzata dalla presenza fisica in piazza, con gazebo, sensibilizzando sulla tematica attraverso i mass media. Un canale che garantisce un approccio anonimo e riservato che potrebbe indurre le vittime, una volta informate, a chiedere aiuto.
A descrivere questi strumenti preventivi – insieme al vice questore Francesca Bisogno – è il commissario capo Stefania Francesca Gonnella, alla guida di una specifica articolazione della Divisione anticrimine della Polizia di Stato che si occupa di minori e vittime vulnerabili. I numeri del fenomeno sono in crescita: «Rispetto ai 10 ammonimenti del 2020 siamo passati a 36 nel 2021 e già nei primi mesi del 2022 sono una quindicina». Gli “ammoniti” sono nel 99% dei casi uomini, soprattutto italiani, operai, ma anche medici e avvocati, di tutte le età.
Sarà stato l’effetto pandemia ma il clima è particolarmente teso. Lo sanno bene anche i poliziotti delle Volanti: «che ad ogni turno devono intervenire più volte per liti domestiche» o per il molestatore che spesso non si rassegna e allora: «invia all’ex fino a 200 messaggi telefonici al giorno, recapita fiori e regali non graditi, le si presenta alla porta dopo avere scavalcato la recinzione e dorme sul pianerottolo». La violenza non sono solo le botte: come spiegano in Questura si può manifestare con il controllo ossessivo, umiliazioni continuate, derisioni, la trasmissione di un costante senso di inadeguatezza, colpevolizzazioni e i tentativi di isolamento con l’allontanamento da familiari e amici.
«Vogliamo dare un messaggio di fiducia, far sapere alle vittime che qui c’è un canale comunicativo aperto oltre che strumenti per la tutela che hanno la finalità di interrompere la spirale di violenza» dice il commissario capo. A partire dall’ammonimento per atti persecutori e per violenza domestica che «garantisce un intervento e quindi una risposta molto più rapidi rispetto alla tradizionale denuncia che sfocia poi in un eventuale processo penale». Per far partire l’iter che potrebbe condurre all’ammonimento del partner molesto o violento è sufficiente che la parte offesa presenti una istanza al questore. «Spesso basta la comunicazione all’autore relativamente all’avvio della fase istruttoria (che si manifesta nella raccolta di testimonianze, messaggi telefonici, eventuali certificati medici) per far interrompere le condotte violente”.
Per arrivare all’ammonimento sono sufficienti “elementi attendibili” che convincano il questore che il soggetto sia “socialmente pericoloso”. Dopo un incontro in questura dove viene fatto presente che, in caso di reiterazione, c’è la trasmissione della notizia di reato alla Procura, d’ufficio, il soggetto viene invitato a rivolgersi a presidi del territorio per «il recupero e il raggiungimento della consapevolezza dei propri comportamenti». Quanto alla parte offesa: «non verrà mai lasciata sola, con lei i contatti saranno costanti».
E’ sufficiente invece una segnalazione, anche di terzi, (che restano conosciuti solo agli uffici di polizia) per far partire l’iter per l’ammonimento per violenza domestica. C’è poi la sorveglianza speciale: «una misura che limita anche pesantemente la libertà di movimento del soggetto» che si è reso autore di atti persecutori o maltrattamenti.
Dalla Questura ricordano anche che esiste una “app” telefonica chiamata “Youpol” per segnalare in tempo reale alle forze dell’ordine, con geolocalizzazione, se si è vittima di violenza (oltre che di cyberbullismo). E poi ci sono i numeri da chiamare: il 1522 della rete nazionale antiviolenza l’800901010 del servizio di prevenzione e contrasto delle discriminazioni mentre in caso di emergenza c’è naturalmente il 112.