Francesco Broccolo è virologo, ricercatore e professore associato di microbiologia clinica dell’Università Bicocca. A inizio marzo davanti alle prime misure restrittive aveva usato una metafora: «Il Coronavirus è come uno tsunami – le sue parole -con le misure restrittive abbiamo alzato un muro di 20 metri, ma se l’onda sarà di 25, inevitabilmente investirà le persone più fragili».
Professore, abbiamo fatto abbastanza?
Il virus non si è modificato geneticamente e non possiamo sperare in una minor virulenza, ma con le misure adottate la catena del contagio si è drasticamente ridotta. Secondo la rivista Nature le misure adottate in Italia sono state le più stringenti al mondo, non dobbiamo rimproverarci nulla. I cittadini si sono impegnati, l’uso delle mascherine e il distanziamento sono stati gli strumenti giusti per frenare la pandemia.
E ora liberi tutti?
Le condizioni climatiche ci aiutano perché con il caldo il virus resiste meno sulle superfici e la sua carica virale è inferiore. È giusto che ci siano le riaperture, non sarebbe economicamente sostenibile prolungare il lockdown per arrivare a zero contagi. Aggiungo che non sarebbe sostenibile nemmeno per la salute, penso alle problematiche di tipo psicologico che si sono già messe in evidenza, ai bambini che hanno paura di uscire di casa e si sono adattati a uno stile di vita casalingo, alla sedentarietà che non fa bene a nessuno, alle persone anziane o croniche che non hanno più effettuato visite di controllo o valutazioni delle terapie.
Come dobbiamo gestire la Fase 2?
Ci sono pratiche che poco si sposano con il nostro quotidiano, è complicato pensare di sedersi ad un ristorante o ad un caffè evitando il rischio di un contagio. I test sierologici ci permettono, in ambito lavorativo di isolare i casi asintomatici, per bar e ristorante meglio scegliere tavolini all’aperto.
Quali sono i luoghi più a rischio?
Tutti i posti chiusi perché il contagio avviene con contatto molto ravvicinato e prolungato. Lo dimostra il numero elevato di contagi tra medici e pazienti o all’interno dei nuclei famigliari. I ristoranti al chiuso, i centri commerciali, i treni e altri mezzi di trasporto sono luoghi ad alto rischio. È importante che siano disinfettati con aerosol potenti a base di ozono ogni sera e ancor meglio perossido di idrogeno, l’acqua ossigenata, una soluzione ecologica in grado di uccidere il virus in 30 secondi.
Meglio vivere all’aperto?
Assolutamente sì, a Monza consiglierei di frequentare il parco senza assembramenti e con la mascherina, così come penso potremo camminare in montagna o andare in spiaggia con i giusti accorgimenti questa estate. In estate ci sono meno forme di raffreddamento con starnuti che possono aiutare la diffusione del virus, è un altro fattore da tenere presente.
C’è il rischio che il virus si ripresenti in autunno?
Abbiamo capito che è un virus che riesce a permanere a lungo nell’uomo. Ci sono casi di persone che sono positive anche dopo 50 giorni, sono quelli che chiamiamo réservoir. Non sappiamo ancora se tra l’estate e l’autunno il virus riuscirà a resistere in qualche soggetto, se non sarà totalmente debellato è possibile che si ripresenti. Bisogna restare attenti, ma abbiamo fatto passi a avanti e abbiamo ora a disposizione test diagnostici che ci permettono di isolare un focolaio.
Per il vaccino quanto dobbiamo aspettare?
Un anno. Il vaccino più semplice che utilizza il virus stesso in formalina è già stato valutato sui macachi e ha avuto una risposta molto potente, ma bisogna passare le varie fasi prima di arrivare ad iniettarlo nell’uomo.
In università Bicocca come si muove la ricerca?
È stata creata una task force che riunisce competenze diverse tra le facoltà di medicina e chirurgia e biotecnologie per valutare in vitro l’efficacia dei farmaci già esistenti e nuove molecole che potrebbero aiutare a bloccare il virus. Abbiamo anche analizzato alcuni dei test sierologici in commercio, ce ne sono oltre 200 e andrebbero analizzati tutti per capirne l’affidabilità.